Con la sentenza depositata il 1° novembre 2025, la Corte di Cassazione – Sezione Lavoro – ha confermato la legittimità della dispensa dal servizio di una docente che, per due anni consecutivi, non aveva superato il periodo di formazione e prova previsto dalla legge 107/2015. Il ricorso dell’insegnante è stato integralmente rigettato, con condanna alle spese.
La docente, assunta in ruolo nel 2020, aveva svolto l’anno di prova presso un istituto di istruzione superiore. Sia nel primo anno (2020/2021) sia nella ripetizione dell’anno successivo (2021/2022), il Comitato di Valutazione, i Tutor e gli Ispettori incaricati avevano espresso un giudizio unanime di inidoneità, evidenziando gravi e persistenti criticità professionali: ritardi e omissioni nel registro elettronico, errata gestione dei tempi di comunicazione valutativa, mancata partecipazione a percorsi formativi obbligatori, lacune disciplinari, carenze metodologiche e relazionali.
A seguito del secondo esito negativo, l’amministrazione aveva disposto la dispensa dal servizio, ai sensi dell’art. 14 D.M. 850/2015.
In primo grado la docente aveva ottenuto ragione, ma la Corte d’Appello di Venezia aveva integralmente riformato la decisione, escludendo vizi procedurali e confermando la legittimità della dispensa.
Nel ricorso per cassazione, la docente ha sostenuto principalmente due argomenti:
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Violazione delle norme sull’anno di prova, in particolare del termine di cinque giorni previsto dall’art. 13 del D.M. 850/2015 per la convocazione davanti al Comitato di Valutazione. A suo dire, la violazione avrebbe inficiato l’intero procedimento.
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Erronea esclusione della prova testimoniale, che avrebbe dovuto dimostrare la natura discriminatoria e ritorsiva della valutazione.
La Suprema Corte rigetta entrambe le censure e ribadisce alcuni principi di particolare rilievo per il contenzioso scolastico.
1. Il D.M. 850/2015 NON è un regolamento
La Cassazione osserva che il D.M. 850/2015:
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non reca la denominazione “regolamento”,
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non ha ottenuto il parere del Consiglio di Stato,
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non è stato soggetto a controllo della Corte dei Conti,
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non è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale.
Pertanto non ha natura normativa, ma contiene direttive amministrative interne.
Da ciò discende che eventuali irregolarità procedurali non determinano automaticamente l’illegittimità del provvedimento di dispensa.
La Corte richiama un orientamento costante: gli atti di indirizzo non sono assimilabili a fonti del diritto e la loro violazione non integra di per sé un vizio denunciabile ex art. 360, n. 3 c.p.c.
2. La dispensa dal servizio per mancato superamento della prova è un atto discrezionale, non disciplinare
La Cassazione conferma che:
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la valutazione di idoneità è rimessa alla discrezionalità tecnico-professionale dell'amministrazione;
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non vi è spazio per una sindacabilità nel merito, salvo che la parte dimostri discriminazione, ritorsione o travisamento macroscopico;
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è il docente a dover provare la natura pretestuosa della valutazione negativa.
Nel caso concreto, la ricorrente non ha fornito alcuna prova idonea a contestare i numerosi e convergenti rilievi tecnici provenienti da Tutor, Ispettori e Comitato di Valutazione.
3. Prova testimoniale: corretta l’inammissibilità
Il secondo motivo è dichiarato inammissibile: la Corte territoriale aveva motivato compiutamente sulle ragioni dell’inutilità della prova testimoniale, tenuto conto della pluralità e coerenza degli elementi già raccolti nei due anni di servizio.
La ricorrente, inoltre, non ha indicato in modo specifico la decisività dei capitoli esclusi.
La Cassazione rigetta il ricorso, condanna la docente al pagamento di 4.000 euro di spese legali e dà atto dell’obbligo di versare l’ulteriore contributo unificato ex art. 13, comma 1-quater, D.P.R. 115/2002.
La pronuncia ribadisce un principio già emerso in giurisprudenza, ma spesso oggetto di contenzioso: il D.M. 850/2015 non ha natura regolamentare e la sua violazione non comporta di per sé l’annullamento della dispensa dal servizio.
Inoltre la sentenza conferma la natura discrezionale del giudizio di idoneità nell’anno di prova, che può essere superato solo dimostrando specifici elementi di discriminazione o errori manifesti: onere probatorio che nella prassi risulta molto difficile da soddisfare.
Si tratta quindi di una decisione destinata ad avere un impatto significativo sul contenzioso scolastico in materia di anno di formazione e prova e valutazione dei docenti neoassunti.








