La recente sentenza n. 3250/2024 del Consiglio di Stato non è solo una vittoria legale, ma un punto di svolta per la flessibilità e l'autonomia del sistema scolastico italiano.
Mettendo in discussione una prassi consolidata, la Corte ha annullato la parte del Decreto Ministeriale n. 5/2021 che imponeva in modo generalizzato l'obbligo di sostenere esami integrativi per gli studenti che desiderano cambiare percorso o indirizzo di studio. Una decisione che riporta al centro del dibattito il diritto dello studente a un'istruzione personalizzata e il ruolo cruciale delle singole scuole nella sua attuazione. L'obbligatorietà degli esami integrativi era storicamente basata sull'articolo 192, comma 2, del D. Lgs. 297/1994, una norma che, tuttavia, è stata abrogata nel 2005. Secondo i giudici, il DM 5/2021, reintroducendo tale obbligo senza un'adeguata copertura legislativa, si è dimostrato illegittimo.
Ma l'argomentazione del Consiglio di Stato va oltre la mera tecnicalità giuridica. Sottolinea come l'imposizione di un esame standardizzato si ponga in contrasto con i principi costituzionali di eguaglianza, diritto allo studio e non discriminazione. L'idea che un percorso scolastico scelto in adolescenza debba "cristallizzarsi" e che ogni cambiamento debba superare una barriera burocratica sproporzionata non tiene conto delle naturali evoluzioni personali, delle attitudini e degli interessi che possono emergere durante il percorso formativo.
L'effetto pratico della sentenza è un radicale ripensamento delle procedure di passaggio tra indirizzi. Non più un ostacolo rigido, ma un processo di accompagnamento e valutazione mirata. Le scuole non possono più imporre automaticamente l'esame integrativo. Devono, invece, prendere in carico lo studente e procedere con un'attenta analisi del suo percorso pregresso.
La sentenza
La sentenza del Consiglio di Stato nasce da un ricorso presentato contro il Decreto Ministeriale n. 5 dell'8 febbraio 2021. Questo decreto prevedeva l'obbligatorietà degli esami integrativi per i passaggi tra indirizzi o percorsi formativi diversi all'interno delle scuole secondarie di secondo grado. L'appellante ha sollevato un'eccezione fondamentale: l'obbligo di tali esami non aveva più un fondamento legale, poiché la norma che li prevedeva (l'art. 192, comma 2, del D. Lgs. 297/1994) era stata abrogata dal D. Lgs. 226/2005.
Il Consiglio di Stato ha accolto questa tesi, dichiarando illegittima la parte del DM 5/2021 che imponeva l'esame integrativo. I giudici hanno sottolineato che, secondo la Costituzione (art. 33, commi 3 e 4), gli esami scolastici devono essere previsti per legge. Poiché il decreto ministeriale è un atto di rango inferiore alla legge, non poteva reintrodurre un obbligo che il legislatore aveva già scelto di eliminare.
La sentenza ha quindi ribadito che l'abrogazione della norma del 1994 esprimeva una precisa volontà legislativa di rimuovere questa tipologia di esame, che rappresentava un'eccezione rispetto ai normali esami di idoneità previsti per i passaggi tra classi o gradi scolastici diversi. In sintesi, la sentenza 3250/2024 ha stabilito che l'obbligo di esami integrativi, se applicato in modo rigido e generalizzato, costituisce un ostacolo sproporzionato che non rispetta la libertà di scelta e la naturale evoluzione delle attitudini degli studenti durante l'adolescenza.
Maggiore autonomia e flessibilità
La sentenza del Consiglio di Stato, pur avendo annullato l'obbligo generalizzato degli esami integrativi, non ne ha sancito la completa scomparsa. Ha piuttosto ridefinito il loro ruolo, trasformandoli da un vincolo burocratico a uno strumento di autonomia didattica a disposizione delle scuole. In questo nuovo scenario, le istituzioni scolastiche mantengono la facoltà di richiedere tali esami, ma devono farlo con criterio e in modo mirato, valutando la singola situazione di ogni studente.
Il fulcro diventa il riconoscimento dei crediti formativi già acquisiti. Le competenze maturate in un indirizzo non devono essere perse, ma valorizzate e messe a confronto con le esigenze del nuovo percorso. Solo nel caso in cui si riscontrino effettive lacune, la scuola potrà prevedere percorsi di recupero personalizzati, pensati su misura per il singolo studente. Si abbandona la logica dell'esame onnicomprensivo a favore di un approccio più chirurgico e attento alle specificità individuali. Questo implica anche un maggior dialogo tra l'istituzione scolastica, la famiglia e lo studente, per costruire insieme il percorso più adatto.
Con la sentenza del Consiglio di Stato, il processo degli esami integrativi è diventato una questione di gestione interna della scuola, che deve comunque rispettare alcune prassi consolidate:
Tempistica: Le domande di iscrizione per un cambio di indirizzo devono essere presentate entro il 15 marzo, salvo deroghe. L'esame vero e proprio si svolge di norma in periodo estivo, tipicamente entro i primi giorni di settembre, prima dell'avvio ufficiale delle lezioni. Questo per permettere allo studente di iniziare il nuovo anno scolastico senza ritardi.
Le prove: L'esame si concentra sulle materie non studiate nell'indirizzo di provenienza. Possono consistere in prove scritte, orali o anche pratiche (a seconda della materia) e sono definite dal consiglio di classe del nuovo indirizzo, che valuta i programmi e le competenze da recuperare.
Valutazione: La scuola, attraverso il consiglio di classe, esprime un giudizio sull'idoneità dello studente, che ha un impatto diretto sull'ammissione e sull'integrazione nel nuovo percorso.