Il Disegno di legge n. 2423 (abbinato alle proposte n. 2271 e 2278) introduce formalmente in Italia il principio del consenso informato preventivo delle famiglie per la partecipazione degli studenti minorenni ad attività scolastiche che riguardino temi attinenti all’ambito della sessualità, con particolare attenzione all’uso di soggetti esterni e al ruolo del Piano triennale dell’offerta formativa (PTOF).

Il testo, di soli tre articoli, è stato presentato dal Ministro dell’Istruzione e del Merito e ha ottenuto parere favorevole da tutte le Commissioni competenti (Affari Costituzionali, Giustizia, Bilancio, Lavoro e Affari Sociali) nel novembre 2025.

Il provvedimento si colloca nella materia delle “norme generali sull’istruzione” di competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett. n) Cost., come ricordato dalla I Commissione citando la giurisprudenza costituzionale (sent. n. 279/2005).

Il cuore della legge è l’art. 1, che stabilisce l’obbligo per le scuole di:

  • richiedere il consenso informato preventivo, in forma scritta, dei genitori (o degli studenti se maggiorenni)

  • per qualsiasi attività extracurricolare o di ampliamento dell’offerta formativa che riguardi temi attinenti alla sessualità

  • con messa a disposizione preventiva del materiale didattico utilizzato durante gli incontri

La richiesta deve essere inviata almeno 7 giorni prima e deve indicare:

  • finalità, obiettivi formativi, contenuti, argomenti e modalità dell’attività

  • eventuali esperti esterni o associazioni coinvolte

In caso di diniego, lo studente si astiene dalla frequenza dell’attività; la scuola deve garantire attività alternative all’interno del PTOF e comunicarne natura e contenuti alle famiglie contestualmente alla richiesta di consenso.

Il comma 5 dell’art. 1 introduce una disposizione di forte impatto:

Per la scuola dell’infanzia, la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado sono escluse, in ogni caso, le attività didattiche e progettuali nonché ogni altra eventuale attività aventi ad oggetto temi attinenti all’ambito della sessualità.”

Si tratta di un divieto categorico e generalizzato, che:

  • non ammette eccezioni (neppure con consenso scritto dei genitori)

  • riguarda sia attività curricolari che extracurricolari, interne o con esperti esterni

È una scelta inedita nel panorama europeo, perché sostanzialmente nega l’educazione all’affettività in età evolutiva, proprio nella fase in cui inizierebbe il percorso di prevenzione (bullismo omofobico, abuso, sexting precoce, sicurezza digitale, consenso relazionale) ed è probabilmente il punto più controverso del testo, perché di fatto impedisce qualsiasi percorso educativo strutturato sull’affettività e sulla sessualità sotto i 14 anni.

L’art. 2 disciplina l’ingresso di soggetti esterni (associazioni, professionisti, educatori):

  • l’attività deve essere approvata dal Collegio docenti e dal Consiglio di Istituto

  • il Collegio deve definire criteri di selezione e comparazione
    basati su:
    ▸ titoli,
    ▸ comprovata esperienza professionale/scientifica,
    ▸ coerenza con finalità educative e
    ▸ adeguatezza all’età degli studenti

È una norma che formalizza e “burocratizza” la scelta degli esperti, riducendo spazi discrezionali dei dirigenti e imponendo tracciabilità decisionale.

L’art. 3 contiene la classica clausola di invarianza finanziaria:

“Dall’attuazione […] non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.”

Si tratta quindi di un provvedimento “a costo zero”, ma a forte impatto organizzativo sulle scuole.

L’obbligo di fornire in anticipo “materiale didattico” crea:

  • potenziali contenziosi sull’accesso agli atti

  • richieste di visione e copie

  • conflitti su cosa costituisce “materiale didattico” e chi lo valuta

Un ulteriore elemento che emerge con chiarezza dal dibattito pubblico riguarda la posizione delle associazioni che intendono operare nelle scuole su temi di educazione sessuale, affettività o prevenzione dei comportamenti a rischio. La cornice delineata dal DDL rende questo ingresso significativamente più strutturato e  soprattutto meno discrezionale.

In primo luogo, il divieto assoluto per infanzia e primaria comporta che qualsiasi iniziativa debba permanere entro il perimetro delle Indicazioni nazionali, limitandosi a concetti generali su differenze biologiche e funzioni riproduttive. Non è quindi più possibile, per soggetti esterni, proporre progetti di educazione all’affettività precoce, prevenzione dell’abuso o alfabetizzazione digitale sul sexting: la norma chiude alla radice ogni percorso extracurricolare organizzato.

Dalla secondaria di primo grado, invece, il quadro si fa più procedurale. Le associazioni devono presentare in anticipo un programma dettagliato, con indicazione puntuale dei relatori, dei materiali utilizzati e degli obiettivi educativi. Il Collegio docenti, come previsto dall’art. 2, è chiamato a definire criteri di selezione basati su titoli, esperienza, coerenza scientifica e adeguatezza all’età. Si tratta di una vera e propria valutazione comparativa preventiva, che produce un fascicolo amministrativo e potenzialmente esponibile ad accesso civico o accesso difensionale da parte delle famiglie.

Il legislatore ha poi previsto un obbligo di vigilanza interna: nei percorsi extracurricolari rivolti a minori e gestiti da esperti esterni deve essere presente un docente della scuola. Tale presenza non è soltanto simbolica, ma assume rilievo di responsabilità (anche sotto il profilo civilistico) circa la corrispondenza tra attività svolta e piano approvato.

Sul piano politico, la maggioranza ha rivendicato un approccio di “trasparenza preventiva”, sostenendo che il consenso informato garantisca partecipazione, conoscenza e controllo da parte delle famiglie su temi percepiti come eticamente sensibili. Le opposizioni, invece, hanno denunciato il rischio opposto: l’introduzione di una sorta di “bollino blu” sulle associazioni autorizzabili, con esclusione pregiudiziale di molte realtà impegnate nella prevenzione della violenza di genere, nell’educazione alle relazioni sane e nella tutela dei minori online.

Questa tensione politica si riflette nel linguaggio del DDL: da un lato la promessa di “serietà scientifica” e “crescita equilibrata”, dall’altro la paura — esplicitata in Parlamento — che il filtro normativo si trasformi in strumento di selezione ideologica.

La contrapposizione tra “educazione” e “propaganda” attraversa l’intero iter legislativo e mostra come la questione dell’affettività scolastica non sia semplicemente un tema didattico, ma un nodo identitario nel rapporto tra scuola, famiglia e pluralismo sociale.

In prospettiva, la disciplina proposta sembra destinata a produrre una progressiva amministrativizzazione dell’educazione sessuale: moduli informativi standardizzati, schede tecniche degli esperti, materiali allegati, attività alternative tracciate e verbalizzate.

Un modello che sposta la riflessione dal contenuto pedagogico alla compliance procedurale, con possibili effetti sull’autonomia scolastica e sul clima relazionale interno agli istituti.

Dal punto di vista giuridico, il provvedimento apre spazi enormi per contenzioso: violazione del principio di uguaglianza educativa; compressione dell’autonomia didattica ex art. 33 Cost.; possibile conflitto con l’educazione alla cittadinanza prevista dalle Linee guida nazionali; profilo di eccesso di potere per genericità della nozione di “sessualità”... In assenza di consenso, lo studente si astiene dalla frequenza e questo può portare:

  • a classi divise

  • a disparità nella fruizione educativa

  • a possibili discriminazioni indirette

Concludendo, il DDL 2423 non è una norma “di bandiera”, è una norma di organizzazione scolastica permanente: vincola tutti i PTOF del Paese, impone procedure amministrative nuove, sposta la governance educativa dalla scuola alla famiglia per una categoria di temi specifici. La sua brevità nasconde una trasformazione culturale profonda: chi decide quali contenuti educativi sono appropriati per i minori? Nel nuovo modello, la scuola non decide più da sola.