Due recenti vicende — una sentenza della Cassazione e un dibattito sempre più acceso sull’uso dell’Intelligenza Artificiale nei compiti scolastici — riaccendono l’attenzione sul confine tra responsabilità disciplinare, responsabilità penale e doveri dello studente.
Da un lato, la Suprema Corte chiarisce che una minaccia al docente non sempre integra il reato di resistenza a pubblico ufficiale; dall’altro, cresce l’esigenza di regolamentare l’uso dell’IA come strumento di supporto e non di sostituzione nello studio.
Il caso giudiziario: la minaccia non è resistenza a pubblico ufficiale
Con la sentenza n. 32839 del 6 ottobre 2025, la VI Sezione della Corte di Cassazione ha annullato, con rinvio, la condanna di un alunno per resistenza a pubblico ufficiale pronunciata dalla Corte d’appello di Milano, Sezione minorenni.
L’episodio risale a una lezione di educazione fisica: il giovane, sanzionato in precedenza con 25 giorni di sospensione, si era rivolto al docente dicendo:
“Appena finisce la scuola vengo a trovarti, non è una minaccia ma un avvertimento: per me le regole non valgono.”
La Corte d’appello aveva interpretato la frase come una condotta diretta a ostacolare lo svolgimento della lezione, configurando quindi il reato di resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.).
La Cassazione ha invece accolto la linea difensiva: la minaccia, pur grave, non era finalizzata a impedire un atto d’ufficio, bensì rappresentava una rimostranza postuma contro un provvedimento disciplinare già concluso.
Secondo la Suprema Corte, infatti, la resistenza a pubblico ufficiale richiede non solo che la minaccia sia rivolta a un pubblico ufficiale, ma anche che essa miri concretamente a impedire o turbare l’esercizio delle sue funzioni. Quando la condotta si riferisce a un atto pregresso — come una sospensione già eseguita — essa può semmai integrare il reato di minaccia semplice (art. 612 c.p.), eventualmente aggravata ex art. 61 n.10 c.p., o quello di oltraggio a pubblico ufficiale (art. 341 c.p.), ma non quello di resistenza.
Il principio stabilito è chiaro: non ogni minaccia rivolta a un docente comporta automaticamente la qualificazione come resistenza a pubblico ufficiale, ma la valutazione dipende dalla finalità immediata della condotta e dal contesto funzionale in cui essa avviene.
Scuola e AI: quando l’aiuto diventa abuso
Parallelamente, un altro fronte si apre nelle aule scolastiche: quello dell’uso dell’Intelligenza Artificiale nello svolgimento dei compiti.
La questione non è solo etica o didattica, ma anche giuridica e disciplinare.
Il D.P.R. 249/1998 (Statuto delle studentesse e degli studenti) attribuisce ai regolamenti interni delle scuole il compito di definire le condotte che costituiscono mancanze disciplinari.
L’art. 3, comma 1, dello stesso decreto impone agli studenti di “assolvere assiduamente agli impegni di studio”: un dovere che, nell’era digitale, deve essere reinterpretato alla luce dei nuovi strumenti cognitivi.
Chi presenta come propri elaborati interamente prodotti da un sistema di IA viola il principio di responsabilità personale e può incorrere, oltre all’insufficienza, in sanzioni disciplinari. Ma il confine non è sempre chiaro:
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È illecito usare l’IA per svolgere integralmente un compito e poi spacciarlo per proprio;
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È lecito, invece, servirsi di funzioni di ausilio, come la riformulazione di testi, la correzione grammaticale o la generazione di esempi, purché lo studente mantenga la titolarità del pensiero e della produzione.
Le scuole sono dunque chiamate a definire nei propri regolamenti interni le modalità e i limiti di utilizzo dell’IA, distinguendo tra uso educativo e uso sostitutivo.
Una scelta necessaria non solo per prevenire abusi, ma anche per tutelare la validità delle valutazioni e la credibilità del percorso formativo.
Nuove regole per tempi nuovi
Non è sufficiente vietare genericamente “plagi e falsificazioni”: occorre descrivere con precisione quali operazioni di ausilio siano consentite (ad esempio, la traduzione, la verifica ortografica, l’uso di tutor AI per chiarimenti) e quali vietate (stesura completa, soluzione automatica di problemi, elaborazione di testi critici o saggi).
In prospettiva, sarà utile introdurre anche:
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Obblighi dichiarativi dello studente sull’uso dell’IA;
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Marcatori tecnici che identifichino parti generate artificialmente;
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Formazione specifica dei docenti, per conoscere i limiti e le potenzialità dei sistemi di IA didattica.
Solo un quadro regolamentare chiaro potrà evitare sanzioni arbitrarie e garantire che le nuove tecnologie restino strumenti di crescita, non scorciatoie di apprendimento.
Educazione alla responsabilità
In entrambi i casi — minacce e IA — emerge una costante: la scuola è chiamata a educare alla responsabilità, prima ancora che a sanzionare.
Il linguaggio, le relazioni e gli strumenti tecnologici sono campi in cui gli studenti imparano non solo che cosa si può fare, ma come e perché farlo.
Solo una comunità scolastica capace di bilanciare regole, autonomia e consapevolezza potrà formare cittadini liberi, rispettosi e pronti ad affrontare la complessità del mondo contemporaneo.







