L’intesa economica appena sottoscritta per il personale scolastico segna la fine del ciclo contrattuale 2022-2024 e apre la strada alle trattative per il rinnovo 2025-2027, destinate a definire la parte normativa e i nuovi meccanismi di valorizzazione professionale.
L’ipotesi di accordo, firmata da Cisl Scuola, Uil Scuola Rua, Gilda-Unams, Snals-Confsal e Anief, ma non dalla Flc Cgil, è limitata alle sole materie economiche. La parte normativa – quella che riguarda il middle management, la formazione incentivata e le carriere differenziate – viene rinviata esplicitamente al prossimo contratto collettivo nazionale.
Un passaggio definito “tecnico ma strategico”, perché consente al Governo di chiudere rapidamente la partita degli aumenti, liberando risorse e margini di discussione per la contrattazione 2025-2027, che il Ministero dell’Istruzione e del Merito punta a concludere entro il 2026.
Il nuovo accordo è stato possibile grazie all’integrazione di 240 milioni di euro provenienti dai risparmi interni del Ministero.
Secondo i dati Aran, gli aumenti medi lordi ammontano a 144 euro per i docenti e 105 euro per il personale Ata, variabili in base al profilo e all’anzianità di servizio. Tali incrementi assorbono l’Indennità di vacanza contrattuale finora riconosciuta in busta paga.
Oltre ai nuovi stipendi a regime, sono previsti:
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Arretrati lordi pari a circa 1.948 euro per i docenti e 1.427 euro per gli Ata,
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Un emolumento una tantum di 111,70 euro per i docenti e 270,70 euro per gli Ata, riferito all’anno scolastico 2022/2023.
La somma complessiva dei due pagamenti straordinari si aggira dunque intorno ai 2.060 euro lordi per i docenti e ai 1.700 euro per gli Ata, con l’obiettivo di compensare il ritardo contrattuale e riequilibrare il differenziale economico tra i due comparti.
Il ministro Giuseppe Valditara ha accolto con favore la firma, replicando alle critiche della Flc Cgil, che definisce insufficienti gli aumenti (“coprono appena un terzo dell’inflazione e in larga parte già corrisposti”).
Valditara ha posto l’accento sui benefici indiretti derivanti dalle politiche fiscali e di welfare:
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il taglio del cuneo fiscale, che determina un incremento medio stimato di 850 euro netti annui per la maggioranza dei docenti;
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il bonus per le lavoratrici madri, portato a 60 euro mensili;
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l’avvio, da gennaio 2026, dell’assicurazione sanitaria integrativa per il personale, con un valore potenziale in rimborsi compreso tra 2.000 e 3.000 euro annui.
Secondo il Ministro, queste misure “non si limitano a un adeguamento stipendiale, ma rappresentano un investimento complessivo nella dignità professionale e nel benessere del personale scolastico”.
Sul piano sindacale, il rinnovo certifica una spaccatura evidente. I sindacati firmatari rivendicano il risultato come “il massimo ottenibile con le risorse disponibili”, sottolineando che la firma consente l’immediata erogazione degli arretrati e l’apertura del tavolo negoziale per il nuovo triennio.
La Flc Cgil, invece, parla di “accordo minimale”, denunciando che gli aumenti non compensano la perdita di potere d’acquisto dovuta all’inflazione e invocando una revisione strutturale del sistema retributivo.
L’attenzione si sposta ora sul nuovo Ccnl 2025-2027, per il quale l’atto di indirizzo è già stato trasmesso. Le risorse previste in Legge di Bilancio indicano una base di 143 euro lordi mensili per i docenti e 104 euro per gli Ata, cifre che potranno crescere in base all’evoluzione del quadro economico e agli obiettivi di valorizzazione professionale.
Il vero banco di prova sarà la parte normativa del prossimo contratto: carriera dei docenti, valorizzazione del merito, nuove figure di coordinamento e middle management. Temi complessi e divisivi, ma centrali per dare un volto moderno alla scuola italiana.
Solo in quell’ambito sarà possibile capire se il rinnovo 2025-2027 resterà un mero adeguamento economico o diventerà un passaggio di svolta verso una professionalità docente pienamente riconosciuta e sostenuta.







