Nuovo capitolo nel dibattito sulle Indicazioni Nazionali per la scuola dell’infanzia e il primo ciclo: il Consiglio di Stato, con il parere n. 1017/2025 datato 17 settembre, ha sospeso l’espressione del parere sullo schema di regolamento presentato dal Ministero dell’Istruzione e del Merito. Il motivo? Gravissime carenze nell’analisi di impatto della regolamentazione.

Il progetto di rinnovamento delle Indicazioni nazionali per la scuola dell’infanzia e il primo ciclo conosce un inatteso stop. Il Consiglio di Stato, con il parere del 17 settembre, ha infatti deciso di sospendere il giudizio sullo schema di regolamento predisposto dal Ministero dell’Istruzione e del Merito. Una scelta che non riguarda i contenuti educativi in senso stretto, ma il metodo e la solidità con cui questi sono stati presentati.

Secondo i giudici, l’analisi di impatto della regolamentazione – quel passaggio fondamentale che dovrebbe spiegare perché una riforma è necessaria, quali problemi intende risolvere e con quali effetti – risulta lacunosa. Mancano dati chiari sulle criticità delle attuali Indicazioni, non ci sono indicatori misurabili in grado di attestare la bontà delle novità proposte e molte delle argomentazioni appaiono generiche. Non è un dettaglio burocratico: senza basi solide, qualsiasi cambiamento rischia di poggiare sulla sabbia.

Anche il linguaggio scelto dal Ministero è finito sotto la lente. Espressioni come “dispersione digitale” o “rigenerazione del paradigma formativo” non vengono definite con precisione, lasciando spazio a interpretazioni diverse e quindi a incertezza applicativa. Lo stesso vale per i riferimenti all’Unione europea, che vengono richiamati ma senza un’analisi puntuale di compatibilità con le norme comunitarie.

Ci sono poi questioni più pratiche, ma non meno rilevanti. L’ipotesi di introdurre il latino come materia facoltativa alle medie, ad esempio, solleva dubbi di equità: se non tutte le scuole avranno i docenti abilitati, si rischia di creare disparità tra studenti e territori, con un’offerta formativa a macchia di leopardo. Non meno importante il nodo delle risorse. Il regolamento richiama la clausola di “invarianza finanziaria”, ma il Consiglio di Stato dubita che con i fondi attuali si possano davvero raggiungere gli obiettivi fissati, tanto più che non risulta un via libera definitivo da parte della Ragioneria generale dello Stato.

In sostanza, la sospensione non chiude la porta alla riforma, ma rappresenta un invito forte a tornare sui testi, a renderli più chiari, verificabili e sostenibili. È un richiamo alla serietà che dovrebbe sempre accompagnare ogni intervento in materia di scuola: non bastano parole nuove o slogan suggestivi, servono dati, analisi e garanzie concrete.

Per insegnanti, dirigenti e famiglie, questo passaggio apre uno spazio di riflessione. Le Indicazioni nazionali sono la bussola del lavoro quotidiano in classe, e ogni modifica dovrebbe nascere da un confronto approfondito, da valutazioni documentate e dalla consapevolezza che ogni scelta avrà ricadute sui percorsi degli studenti.

Il messaggio del Consiglio di Stato è chiaro: prima di innovare bisogna costruire basi solide, perché la scuola non ha bisogno di cambiamenti affrettati, ma di riforme giuste, trasparenti e condivise. Solo così potrà essere davvero all’altezza delle sfide educative del presente.