La sentenza n. 18362 del 2023 della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, di seguito in esame, affronta il delicato rapporto tra procedimento disciplinare e penale nelle istituzioni scolastiche, costituendo dunque il nostro punto di partenza per l’analisi e per il confronto dei due procedimenti.

Cassazione civile , sez. lav. , 27/06/2023 , n. 18362

In tema di pubblico impiego contrattualizzato, il termine previsto dall' art. 55-ter, comma 4, del d.lgs. n. 165 del 2001 (nel testo ratione temporis applicabile), per la ripresa del procedimento disciplinare sospeso in pendenza di procedimento penale, decorre dalla comunicazione alla P.A. del provvedimento giudiziale penale comprensivo di motivazione, in quanto, sul piano letterale, la norma citata fa riferimento alla sentenza, e, su quello sistematico, va letta congiuntamente all'art. 154-ter disp. att. c.p.p., ove pure si distingue fra comunicazione d'ufficio del dispositivo e trasmissione, a richiesta, della copia integrale del provvedimento, che costituisce notizia circostanziata dell'illecito ai fini del rinnovo della contestazione dell'addebito da parte dell'autorità disciplinare competente.
 

Nel caso di specie, un docente è stato coinvolto in un’indagine penale, condotta dalla Procura di Agrigento per aver beneficiato indebitamente di certificazioni di invalidità; precisamente, si trattava di un’attività organizzata criminosa di diversi soggetti appartenenti al mondo della scuola che, in associazione tra loro, avevano creato un sistema finalizzato al rilascio di attestazioni di invalidità o di handicap, fondate su patologie inesistenti, al fine di fruire delle agevolazioni previste dalla L. 104 del 1992 da parte di docenti e personale ATA ed ottenere il trasferimento della sede di servizio. Nell’ambito del procedimento penale il reato contestato era, quindi, la falsità materiale in atto pubblico, ai sensi dell’art. 476 Codice Penale ( “ Se un soggetto crea o modifica materialmente documenti falsi, come certificazioni mediche o atti scolastici, si può configurare la falsità materiale, punita con la pena della reclusione da 1 a 6 anni”).

Oltre alla sanzione penale, dunque al procedimento penale stesso condotto dalla Procura di Agrigento, per il fatto commesso sono previste gravi conseguenze disciplinari che legittimano l’avvio del procedimento disciplinare con possibile licenziamento per giusta causa.

Il procedimento penale si è concluso con una sentenza di patteggiamento ai sensi dell’art. 444 Codice di Procedura Penale, successivamente l’amministrazione scolastica ha avviato un procedimento disciplinare, culminato nella destituzione del docente dal servizio.

La Suprema Corte ha stabilito che il termine di 60 giorni per la riattivazione del procedimento disciplinare, sospeso in attesa dell’esito penale ( come disposto dall’art. 55-ter del D.Lgs. 165/2011) decorre dalla data in cui l’amministrazione riceve la sentenza integrale, non dalla sola comunicazione del dispositivo. Questo orientamento garantisce all’amministrazione la possibilità di valutare compiutamente i fatti accertati in sede penale prima di procedere disciplinarmente.

La sentenza ha inoltre confermato che la sanzione disciplinare può essere validamente irrogata dal dirigente preposto all’Ufficio per i Procedimenti Disciplinari ( UPD ), anche se l’UPD è un organo collegiale; ciò è conforme al principio di terzietà e imparzialità, purché siano rispettate le garanzie procedurali e il diritto di difesa del dipendente.

La Corte ribadisce, inoltre, che la sentenza di patteggiamento è equiparabile ad una condanna ai fini disciplinari, legittimando l’amministrazione a irrogare sanzioni anche gravi, come la destituzione, in presenza di comportamenti che ledono il rapporto fiduciario.

 Articolo di Allegra Pieri, continua sulle riviste (www.rivisteonline.euroedizioni.it)