La Corte di cassazione Sez. Lav., con la sentenza del 15 novembre 2022, n. 33639, ha affermato che in tema di obblighi datoriali di salute e sicurezza, al di là delle denominazioni delle varie fattispecie astrattamente configurabili (mobbing, straining, stress lavoro-correlato) lungo la falsariga della responsabilità dolosa o anche colposa del datore di lavoro che indebitamente tolleri l'esistenza di una condizione di lavoro lesiva della salute secondo il paradigma di cui all'art. 2087 c.c., è comunque configurabile la responsabilità datoriale a fronte di un mero inadempimento - imputabile anche solo per colpa - che si ponga in nesso causale con un danno alla salute e ciò secondo le regole generali sugli obblighi risarcitori conseguenti a responsabilità contrattuale (artt. 1218 e 1223 c.c.); si resta invece al di fuori della responsabilità ove i pregiudizi derivino dalla qualità intrinsecamente ed inevitabilmente usurante della ordinaria prestazione lavorativa o tutto si riduca a meri disagi o lesioni di interessi privi di qualsiasi consistenza e gravità, come tali non risarcibili.

La vicenda in commento nasce dal ricorso proposto da un lavoratore diretto ad ottenere la condanna della società al risarcimento del danno per mobbing, «in ragione della carenza di prova riguardo la dedotta strategia dolosa».

Sia in primo grado che in secondo grado il ricorso è stato respinto.

Il lavoratore ha presentato ricorso per Cassazione denunciando «la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. criticando la sentenza impugnata per avere escluso la allegata macchinazione dolosa finalizzata all'emarginazione del lavoratore nel proprio ambiente di lavoro».

La Corte di Cassazione ha rilevato che, pur essendo stato escluso nel giudizio di fatto, in entrambi i gradi di merito della controversia, l'esistenza di «una macchinazione dolosa finalizzata all'emarginazione del lavoratore nel proprio ambiente di lavoro», nondimeno ciò non elide affatto la responsabilità del datore di lavoro per i danni alla persona subiti dal lavoratore a causa di un inadempimento degli obblighi datoriali, anche a titolo di mera colpa.

I giudici di legittimità hanno poi ricordato che le nozioni di mobbing, così come quella di straining, hanno natura medico-legale e non rivestono autonoma rilevanza ai fini giuridici; nella sostanza servono soltanto per identificare comportamenti che si pongono in contrasto con l'art. 2087 c.c. e con la normativa in materia di tutela della salute negli ambienti di lavoro.

Conseguentemente, «al di là delle denominazioni, lungo la falsariga della responsabilità dolosa o anche colposa del datore di lavoro che indebitamente tolleri l'esistenza di una condizione di lavoro lesiva della salute secondo il paradigma di cui all'art. 2087 c.c., è comunque configurabile la responsabilità datoriale a fronte di un mero inadempimento - imputabile anche solo per colpa - che si ponga in nesso causale con un danno alla salute e ciò secondo le regole generali sugli obblighi risarcitori conseguenti a responsabilità contrattuale (artt. 1218 e 1223 c.c.); si resta invece al di fuori della responsabilità ove i pregiudizi derivino dalla qualità intrinsecamente ed inevitabilmente usurante della ordinaria prestazione lavorativa o tutto si riduca a meri disagi o lesioni di interessi privi di qualsiasi consistenza e gravità, come tali non risarcibili».

Pertanto, la Corte ha concluso accogliendo il ricorso con rinvio in quanto, anche ove si escluda l'esistenza di una "macchinazione dolosa" finalizzata all'emarginazione del lavoratore nel proprio ambiente di lavoro, l'aver acclarato che lo stesso sia stato posto in una condizione di sostanziale inoperosità con progressivo svuotamento delle sue mansioni, impone comunque di verificare se da tale condotta del datore di lavoro, anche se colposa, siano causalmente derivati danni alla persona del lavoratore a contenuto non patrimoniale e provvedere alla loro liquidazione.

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