Nell’istituto comprensivo che dirigo, una docente di scuola dell’infanzia ha chiesto, per il periodo dal 09.05.2022 al 30.06.2022, un congedo per maternità, per compiere un’adozione internazionale, ai sensi dell’art. 26 del D. Lgs. 151/2001 ed ha corredato la richiesta con la relativa documentazione.Il congedo, le è stato regolarmente accordato, con relativa registrazione al sistema SIDI.
In data 12.06.2022 la maestra ha chiesto di poter rientrare in servizio, in quanto la procedura di adozione non ha avuto un buon esito. Anche in questo caso la richiesta di rientro è stata corredata dalla comunicazione da parte dell’Ente che cura la pratica di adozione.Accordatale la richiesta di rientro anticipato in servizio, il periodo di assenza, di fatto, risulta essere dal 09.05.2022 all’ 11.06.2022.
Poichè, la pratica di adozione non è andata a buon fine, ritengo che io debba agire in autotutela, convertendo il congedo retribuito per maternità, con un congedo senza retribuzione, ai sensi dell’art. 27, c. 2 del succitato D.Lgs 151/2022 ( “Per l'adozione e l'affidamento preadottivo internazionali, la lavoratrice ha, altresì, diritto a fruire di un congedo di durata corrispondente al periodo di permanenza nello Stato straniero richiesto per l'adozione e l'affidamento. Il congedo non comporta indennità nè retribuzione)”.
La docente sostiene di aver diritto alla retribuzione, che le deve essere riconosciuta anche in assenza del buon esito della procedura di adozione e, a tal fine, mi evidenzia l’esistenza di un interpello (n. 39/2020) effettuato dall’ANCI (Associazione Nazionale dei Comuni) al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali dal quale si evincerebbe che la retribuzione per il periodo in cui è stato concesso il permesso per maternità spetterebbe anche nel caso in cui la procedura di adozione non fosse andata a buon fine.
Ora:
1. devo procede con un decreto in autotutela che tramuti il periodo di congedo di maternità retribuito in un congedo non retribuito?
2. in che modo deve essere considerato l’interpello? Potrebbe avere qualche relazione con il caso su rappresentato, trattandosi di personale scolastico, oppure ha una valenza solo nella specifica richiesta da parte dell’ANCI?
Risposta
Per riscontrare il quesito posto bisogna partire dalla considerazione preliminare facendo rilevare che l'art.27 comma 2 del T.U. n.151/2001 è stato abrogato dall'art. 2, co. 453, L. 24 dicembre 2007, n. 244.
La nuova disciplina introdotta prevede:
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Art. 26. - (Adozioni e affidamenti)
1. Il congedo di maternità come regolato dal presente Capo spetta, per un periodo massimo di cinque mesi, anche alle lavoratrici che abbiano adottato un minore.
2. In caso di adozione nazionale, il congedo deve essere fruito durante i primi cinque mesi successivi all'effettivo ingresso del minore nella famiglia della lavoratrice.
3. In caso di adozione internazionale, il congedo puo' essere fruito prima dell'ingresso del minore in Italia, durante il periodo di permanenza all'estero richiesto per l'incontro con il minore e gli adempimenti relativi alla procedura adottiva. Ferma restando la durata complessiva del congedo, questo puo' essere fruito entro i cinque mesi successivi all'ingresso del minore in Italia.
4. La lavoratrice che, per il periodo di permanenza all'estero di cui al comma 3, non richieda o richieda solo in parte il congedo di maternità, può fruire di un congedo non retribuito, senza diritto ad indennità.
5. L'ente autorizzato che ha ricevuto l'incarico di curare la procedura di adozione certifica la durata del periodo di permanenza all'estero della lavoratrice.
6. Nel caso di affidamento di minore, il congedo puo' essere fruito entro cinque mesi dall'affidamento, per un periodo massimo di tre mesi.
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Come si evince dalla disposizione è in facoltà della lavoratrice chiedere il congedo per maternità o in alternativa un congedo non retribuito.
La lavoratrice nel caso prospettato ha chiesto il congedo di maternità e l'adozione non è andata a buon fine.
L'interpello del ministero del lavoro n.39 del 5 novembre 2010 (quindi successivo all'abrogazione dell'art.27 del testo Unico maternità) ha chiarito che il periodo di permanenza all'estero per l'espletamento della pratica di adozione anche nel caso in cui l'adozione non si realizza, deve essere considerato come un congedo di maternità, quindi retribuito.
L'Interpello è del ministero del Lavoro quindi costituisce riferimento per tutte le amministrazioni, a prescindere che a richiedere il parere sia stato l'ANCI.
Di conseguenza la lavoratrice ha diritto a fruire del congedo di maternità anche nel caso in cui la procedura di adozione internazionale venga interrotta. La lavoratrice deve documentare tale situazione allegando la certificazione rilasciata dall’Ente che ha gestito la pratica di adozione, dove sarà specificatamente indicata la durata della permanenza all’estero. Come precisato dall’Inps nella circolare n.16/2008, la produzione di questo documento è indispensabile per ottenere la retribuzione. In conclusione nel caso prospettato, siccome il periodo di congedo inizialmente richiesto è di durata superiore a quello effettivamente fruito bisogna procedere con un decreto di rettifica motivando la rettifica.
Analogamente a quanto previsto in caso di adozione nazionale, alla lavoratrice o, se non richiesto da quest’ultima, al lavoratore che abbiano adottato un minore straniero è riconosciuto il diritto all'astensione dal lavoro per un periodo pari a cinque mesi a prescindere dall'età del minore all'atto dell'adozione; il diritto spetta per l'intero periodo anche nel caso in cui, durante il congedo, il minore raggiunga la maggiore età. Il congedo può essere fruito nei cinque mesi successivi all'ingresso del minore in Italia risultante dall'autorizzazione rilasciata dalla Commissione per le adozioni internazionali presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. A tale periodo di congedo si aggiunge il giorno di ingresso in Italia del minore cosicché, anche nella fattispecie, il periodo massimo complessivamente spettante è pari a cinque mesi ed un giorno. Ferma restando la durata massima del periodo di astensione (cinque mesi ed un giorno), il congedo può essere fruito, anche parzialmente, prima dell'ingresso in Italia del minore, per consentire alla lavoratrice la permanenza all'estero finalizzata all'incontro con il minore ed agli adempimenti relativi alla procedura adottiva; tale periodo di congedo può essere fruito anche in modo frazionato.
Tale periodo costituisce una fase necessaria della procedura di adozione internazionale che, se debitamente certificata, va riconosciuta quale periodo di congedo anche nel caso di interruzione della procedura stessa Nota Min. Lav. 5 novembre 2010, n. 28.
3. L'ente autorizzato che ha ricevuto l'incarico di curare la procedura di adozione certifica la durata del congedo di cui al comma 1 dell'articolo 26, nonchè la durata del periodo di permanenza all'estero nel caso del congedo previsto al comma 2 del presente articolo." è stato abrogato dall'art. 2, co. 453, L. 24 dicembre 2007, n. 244.










