La critica manifestata dal lavoratore all'indirizzo del datore di lavoro può trasformarsi da esercizio lecito di un diritto in una condotta astrattamente idonea a configurare un illecito disciplinare, laddove superi i limiti posti a presidio della dignità della persona umana, così come predeterminati dal diritto vivente, ossia i requisiti della corrispondenza a verità dei fatti narrati (c.d. continenza sostanziale) e delle modalità espressive che possano dirsi rispettose di canoni, generalmente condivisi, di correttezza, misura e rispetto della dignità altrui (c.d. continenza formale), con la precisazione che il diritto di critica del lavoratore con funzioni di rappresentanza sindacale all'interno dell'azienda gode di un'ulteriore copertura costituzionale costituita dall'articolo 39 della Costituzione, essendo l'espressione di pensiero finalizzata al perseguimento di un interesse collettivo.
La Suprema Corte conformemente al proprio consolidato orientamento (Cass. n. 14527 del 2018; Cass. n. 18176 del 2018 e Cass. n. 5523 del 2016), la Corte di Cassazione ha affermato che l'esercizio del diritto di critica da parte del lavoratore nei confronti del datore di lavoro non è idoneo a legittimare il licenziamento per giusta causa nel caso in cui i fatti narrati corrispondano a verità (c.d. "continenza sostanziale") e vengano esposti con modalità rispettose dei canoni di correttezza, misura e rispetto della dignità altrui (c.d. "continenza formale").
Nella fattispecie in esame, la Corte aveva infatti accertato che i fatti narrati corrispondevano al vero e che non avevano effettivamente cagionato un danno economico alla società, non essendovi stata alcuna reazione da parte dell'ente territoriale appaltante del servizio di raccolta dei rifiuti
La Suprema Corte ha poi chiarito che il diritto di critica del lavoratore risulta rafforzato qualora venga esercitato da un dipendente con funzioni di rappresentanza sindacale all'interno dell'azienda.
In tal caso, infatti, l'espressione di pensiero è volta al perseguimento di un interesse collettivo e gode, dunque, di un'ulteriore copertura costituzionale prevista dall'art. 39 della Costituzione (Cass. n. 1143 del 1995; Cass. n. 7091 del 2001; Cass. n. 19350 del 2003; Cass. n. 7471 del 2012; Cass. n. 18176 del 2018).
Su tali presupposti la Suprema Corte ha rigettato il ricorso della società e confermato l'illegittimità del licenziamento del dipendente.
assazione, Sez. Lav. 2 dicembre 2019, n. 31395










