Docente A presenta comunicazione scritta al Dirigente lamentando di essere stata aggredita verbalmente da due colleghe davanti agli alunni e altre persone. La Dirigente apre il procedimento disciplinare nei confronti

delle due colleghe. Il procedimento viene chiuso con l'archiviazione perché si ritiene che l'episodio, per quanto realmente accaduto, va collocato nel contesto di un diverbio che poteva essere evitato e non ha avuto conseguenze; del resto, le insegnanti B e C al Dirigente  risultano essere  persone serie e dedite al lavoro  e, nel corso dell'audizione, hanno evidenziato entrambe che il proprio comportamento poco consono è la risultante di un atteggiamento velatamente provocatorio della docente che ha presentato l'esposto. Adesso la docente  A chiede accesso agli atti dei due procedimenti disciplinari per saper come la scuola abbia  tutelato la sua persona. Si chiede un parere su quali atti il Dirigente può concedere l'accesso e se fra questi debba essere compreso il verbale conclusivo del procedimento e quindi di non irrogazione della sanzione disciplinare

RISPOSTA

l diritto di accesso deve essere garantito per effetto della sola dimostrazione, da parte dell’istante, dell’esistenza di un proprio interesse giuridico bisognevole di tutela, con esclusione di ogni sindacato dell’Amministrazione sulla fondatezza e pertinenza delle azioni che lo stesso istante intende intraprendere; l’istante deve fornire elementi idonei a dimostrare in maniera chiara e concreta la sussistenza di un interesse diretto, concreto, attuale e corrispondente a una situazione giuridicamente tutelata e collegata/o al documento al quale è chiesto l’accesso (sentenze del Tar Bolzano n. 4 del 2017 e del Consiglio di stato n.1578 del 2018): non risulta pertanto sufficiente un semplice interesse generico e diffuso alla conoscenza degli atti amministrativi, finalizzato ad un controllo generalizzato sull’attività dell’amministrazione o avente carattere meramente esplorativo (sentenza del Tar Roma n. 30 del 2012).

In questo senso nell’art. 22, comma 1, lett. b) della legge n. 241/1990, vengono definiti “interessati” all’accesso non tutti i soggetti indiscriminatamente, ma soltanto i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso

La norma esige in capo all'istante la titolarità di un interesse non solo personale, diretto e concreto, ma anche attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso.

L'interesse giuridicamente rilevante non può quindi consistere in un interesse di mero fatto. Tale è a nostro giudizio la richiesta della docente nel voler conoscere le ragioni del mancato esercizio della potestà disciplinare da parte del dirigente, mediante l'accesso al verbale con il quale è stata disposta l'archiviazione del procedimento non sussistendone i presupposti per l'azione disciplinare.

A fronte di tale tipo di interesse, dunque, corrispondendo esso a situazioni di mero fatto, per l’amministrazione non sorge alcun obbligo di consentire l’accesso, mentre resta nella facoltà del dirigente ammetterlo di volta in volta, salvaguardando opportunamente eventuali esigenze di riservatezza.

Di conseguenza, l'accesso è invocabile esclusivamente in presenza di un interesse qualificato in capo al richiedente concretamente collegato alle sue esigenze specifiche, ossia agli atti che lo riguardano in modo diretto o che sono pertinenti con le ragioni addotte a sostegno dell'istanza.

L'elaborazione della giurisprudenza è giunta a ritenere che la titolarità di un interesse personale e concreto per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti comporti l'individuazione di un interesse qualificato e differenziato, meritevole di protezione, che pur non dovendo necessariamente coincidere con un diritto soggettivo o con un interesse legittimo, né con l'interesse a ricorrere avverso l'atto lesivo della posizione soggettiva vantata implica l'esclusione dei titolari di interessi semplici o di fatto, ossia di posizioni cui l'ordinamento non riconosce alcuno strumento di tutela giurisdizionale, e l'inclusione dei titolari di aspettative e di interessi collettivi o diffusi.