Il comportamento del docente, ad oggi, risponde ai doveri connessi all’esercizio della funzione pur in assenza di un codice disciplinare che il CCNL 2016-2018 prevedeva da lì al mese di luglio 2018 e mai emanato.

Di recente la Corte di Cassazione ha confermato il provvedimento disciplinare del licenziamento a carico di un docente per "...aver posto in essere una condotta in grave contrasto e, comunque, non conforme con i doveri inerenti alla funzione docente, consistente: nell'avere, nel giugno 2018, messo una mano sul petto di una studentessa, mentre era in piedi alle sue spalle davanti al computer nel corso della stesura del consuntivo delle lezioni di matematica nell'aula docenti dell'istituto scolastico", per poi consegnarle il proprio cellulare, chiedendole di andare in bagno a scattarsi una foto al seno; nell'aver detto alla stessa studentessa, incontrandola per le scale della scuola a inizio 2022 "Facevo meglio a farti peggio".

Questo comportamento molesto a carattere sessuale, tenuto da un docente in danno di una minorenne, penalmente sanzionato, integra una condotta di tale gravità da rendere proporzionale la sanzione disciplinare del licenziamento (Cassazione civile, Sez. lav., sentenza 17 luglio 2025, n. 19854).

Ricordiamo come la nozione di violenza nel delitto di violenza sessuale non è limitata alla esplicazione di energia fisica direttamente posta in essere verso la persona offesa, ma comprende qualsiasi atto o fatto cui consegua la limitazione della libertà del soggetto passivo, così costretto a subire atti sessuali contro la propria volontà (Sez. 3, n. 6643 del 12/01/2010, Rv. 246186); ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 609 - bis cod. pen., violenza sessuale, non è, infatti, necessaria una violenza che ponga il soggetto passivo nell'impossibilità di opporre una resistenza, essendo sufficiente che l'azione si compia in modo insidiosamente rapido, tanto da superare la volontà contraria del soggetto passivo (Sez. 3, n. 6340 del 01/02/2006, Rv. 233315).

Il tentativo del reato di violenza sessuale è altresì configurabile non solo nel caso in cui gli atti idonei diretti in modo non equivoco a porre in essere un abuso sessuale non si siano estrinsecati in un contatto corporeo, ma anche quando il contatto sia stato superficiale o fugace e non abbia attinto una zona erogena o considerata tale dal reo per la reazione della vittima o per altri fattori indipendenti dalla volontà dell'agente, mentre per la consumazione del reato è sufficiente che il colpevole raggiunga le parti intime della persona offesa (zone genitali o comunque erogene), essendo indifferente che il contatto corporeo sia di breve durata, che la vittima sia riuscita a sottrarsi all'azione dell'aggressore o che quest'ultimo consegua la soddisfazione erotica (Sez. 3, n. 4674 del 22/10/2014, dep. 02/02/2015, Rv. 262472).

Nel caso in esame la sanzione del licenziamento è stata comminata dall'Ufficio per i Procedimenti Disciplinari presso l’USR Calabria. Avverso tale sanzione il docente proponeva ricorso dinanzi al Tribunale di Cosenza, e contestuale domanda d’urgenza, per ottenere, previa declaratoria di inefficacia, nullità, illegittimità del licenziamento intimatogli in data 30 agosto 2022, la reintegra nel posto di lavoro e il pagamento di un’indennità risarcitoria ex art 63 D.Lgs. n. 165/2021.

Il Tribunale adito accoglieva il ricorso annullando il licenziamento intimata al ricorrente, accordando la tutela di cui all’art. 63 del D.Lgs. n. 165/2021 e pertanto condannando il Ministero convenuto alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, al risarcimento danni ed alle spese di lite.

Il Ministero impugnava la sentenza avanti la Corte d’Appello di Catanzaro che lo accoglieva, confermando il provvedimento espulsivo.

A questo punto il docente ricorre infine per cassazione, affidando le proprie difese a sei motivi. La Suprema Corte riconosceva l’attendibilità delle dichiarazioni della studentessa, quindicenne al momento dei fatti, anche se rilasciate solo successivamente all’accaduto una volta raggiunta la maggiore età e oramai in grado di affrontare l'impatto emotivo e le conseguenze pratiche delle vicende processuali che sarebbero inevitabilmente scaturite.

I primi cinque motivi opposti dal ricorrente sono stati tutti rigettati e, per quanto riguarda il sesto, è interessante poiché richiama le norme speciali del Testo unico delle leggi sulla scuola e il CCNL 2016-2018.

Il docente sosteneva che la Corte d'Appello, modificando il contenuto del provvedimento datoriale espulsivo, sostituendosi di fatto al datore di lavoro, avesse omesso di operare la riconduzione del fatto materiale imputato allo stesso nella categoria astratta degli "atti e comportamenti o molestie a carattere sessuale, riguardanti studentesse o studenti affidati alla vigilanza del personale" ex D.Lgs. n. 297 del 1994art. 498, comma 1,nonché dalla previsione dell’articolo 29 CCNL[1], richiamati nel provvedimento impugnato. Infatti, tale riconduzione non sarebbe stata possibile per la mancanza del contatto fisico sessualmente molesto non provato in quanto, peraltro l’accusa era stata ritrattata.

La Corte di cassazione, nel rigettare il ricorso, osserva che la Corte territoriale non si è affatto sostituita al datore di lavoro ma si è limitata a sancire la legittimità del provvedimento espulsivo ritenendo sufficiente ad integrare la gravità per la massima sanzione espulsiva una delle tre condotte contestate. Inoltre, secondo la Suprema Corte è corretta la riconduzione del comportamento del docente all’ipotesi di «atti che siano in grave contrasto con i doveri inerenti alla funzione», prevista dall’articolo 498, lett. a) del D.Lgs. n. 297/1994 come illecito sanzionato con la destituzione. È indiscutibile che il comportamento molesto a carattere sessuale, perpetrato nell’esercizio della funzione docente violando i doveri professionali, in danno di una minorenne, penalmente sanzionato, integri una condotta di tale gravità da rendere proporzionale la sanzione adottata.

Del resto, anche l’art. 29 del CCNL 2016-2018 (Responsabilità disciplinare per il personale docente ed educativo) ai commi 1 e 2 espressamente prevede che: «1. Le parti convengono sulla opportunità di rinviare ad una specifica sessione negoziale a livello nazionale la definizione, per il personale docente ed educativo delle istituzioni scolastiche, della tipologia delle infrazioni disciplinari e delle relative sanzioni, nonché l’individuazione di una procedura di conciliazione non obbligatoria, fermo restando che il soggetto responsabile del procedimento disciplinare deve in ogni caso assicurare che l’esercizio del potere disciplinare sia effettivamente rivolto alla repressione di condotte antidoverose dell’insegnante e non a sindacare, neppure indirettamente, la libertà di insegnamento. La sessione si conclude entro il mese di luglio 2018. 2. La contrattazione di cui al comma 1 avviene nel rispetto di quanto previsto dal D.Lgs. n. 165/2001 e deve tener conto delle sotto indicate specificazioni: 1) deve essere prevista la sanzione del licenziamento nelle seguenti ipotesi: a) atti, comportamenti o molestie a carattere sessuale, riguardanti studentesse o studenti affidati alla vigilanza del personale, anche ove non sussista la gravità o la reiterazione, dei comportamenti; b) dichiarazioni false e mendaci, che abbiano l’effetto di far conseguire un vantaggio nelle procedure di mobilità territoriale o professionale».

Il giudice dell’appello, all’esito del giudizio di sussunzione, neppure è venuto meno al suo dovere di verificare la gravità della violazione dal punto di vista concreto, tenendo conto di tutte le circostanze di fatto rilevanti; va, infatti, osservato che, anche con riferimento alle ipotesi, quali quella in esame, di illeciti disciplinari tipizzati dal legislatore, deve escludersi la configurabilità in astratto di qualsivoglia automatismo nell’irrogazione di sanzioni disciplinari, specie laddove queste consistano nella massima sanzione, permanendo il sindacato giurisdizionale sulla proporzionalità della sanzione rispetto al fatto addebitato.

Il giudice del merito ha in concreto operato il giudizio di proporzionalità e a tal fine ha valorizzato: l’età minore della alunna, l’offerta da parte del docente del proprio telefono affinché la studentessa si recasse in bagno per fotografare il proprio seno e, dunque, tanto l’oggettiva gravità della condotta quanto la volontarietà del comportamento del docente.

Conclusioni

L’affidamento del minore all’insegnante le responsabilità nella gestione del rapporto fiduciario rilevano, primariamente, in ambito penale. Nella sentenza n. 1459 del 2024, non massimata, la Corte ha ribadito che il rapporto di affidamento per ragioni di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, che assume rilievo in tema di reati sessuali relativi a minorenni, attiene a qualunque rapporto fiduciario, anche temporaneo od occasionale, che si instaura tra affidante e affidatario mediante una relazione biunivoca e che comprende tanto l'ipotesi in cui sia il minore a fidarsi dell'adulto, quanto quella in cui il minore sia affidato all'adulto da un altro adulto per specifiche ragioni e ha citato tra i molti precedenti, Sez. 3, n. 43705 del 24/9/2019, F., Rv. 278088; Sez. 3, n. 5933 del 12/9/2018, B., Rv. 275832, traendo la conclusione che il rapporto di affidamento esistente tra insegnante ed alunno non può essere ritenuto escluso per il fatto che gli illeciti si siano svolti fuori dall'ambiente e dall'orario scolastico (precisamente, nel periodo estivo), perché ciò che rileva è la relazione che sussiste tra i due soggetti, e come la stessa è originata, evidentemente non circoscrivibile al solo contesto in cui si manifesta in prevalenza.

di Anna Armone su Dirigere la scuola n. 11