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Con riferimento al personale docente, l’art. 7 del OM 112/2022, che va letto unitamente all’art. 6, prevede due cause di esclusione: l’assenza di un titolo di accesso o la presenza di dichiarazioni mendaci (relative ai requisiti di ammissione ed all’assenza di condizioni ostative, che vengono autocertificati nella domanda di inserimento in graduatoria).

Similmente, con riferimento al personale ATA, l’art. 7 del DM 50/2021 prevede che sia disposta l’esclusione dalla graduatoria degli aspiranti che risultino privi dei requisiti di accesso o di ammissione, come di coloro che abbiano reso dichiarazioni non corrispondenti a verità e non riconducibili a mero errore materiale.

Tra i requisiti che precludono l’ammissione in graduatoria dei docenti vi sono una serie di reati, elencati nel D.Lgs. 235/2012. Per il personale ATA, l’art. 3 del DM 50/2021 usa un’espressione diversa («reati che costituiscono un impedimento all’assunzione presso una pubblica amministrazione» nonché i reati indicati nell’art. 25-bis del DPR 313/2002): per l’individuazione dei reati di cui alla prima parte della norma occorre fare riferimento all’art. 29 ed all’art. 32 quinquies c.p. La fase volta alla rideterminazione del punteggio e la conseguente posizione in graduatoria deriva dall’obbligo di rispettare la previsione contenuta nei decreti ministeriali che procedimentalizzano l’attività dirigenziale di diritto privato.

E come già chiarito da Cass. civ. n. 24216/2017 – n. 13800/2017 – n. 19626/2015, qualora l’atto adottato risulti in contrasto con norma imperativa, l’ente pubblico deve sottrarsi unilateralmente all’adempimento delle obbligazioni che trovano titolo nell’atto illegittimo, alla stregua del contraente che non osservi il contratto stipulato, ritenendolo affetto da nullità ex art. 1418 c.c.

A corroborare questa conclusione soccorrono, peraltro, le norme dei contratti collettivi di lavoro: l’art. 25, co. 5, e l’art. 44, co. 7, del CCNL 2007, come l’art. 41, co. 1, del CCNL 2018, prevedono, infatti, che siano causa di risoluzione dei contratti di lavoro l’annullamento della procedura di reclutamento o l’individuazione di un nuovo avente titolo a seguito dell’intervenuta approvazione di nuove graduatorie.

Occorre infine precisare che,sebbene dal tenore letterale del DM e dell’OM citati sembrerebbe che di fronte a qualunque dichiarazione non corrispondente al vero si debba procedere all’esclusione dalla graduatoria, la giurisprudenza ha svolto un ragionamento diverso, partendo dall’esame dell’art. 75 DPR 445/2000, il quale prevede che «il dichiarantedecade dai benefici conseguenti al provvedimento emanato sulla base delle dichiarazioni non veritiere».

Già il Consiglio di Stato, con sentenza n. 1933 del 2013, aveva chiarito che il beneficio rispetto al quale opera la decadenza è solo quello immediatamente perseguito con la dichiarazione mendace. Pertanto occorre verificare, in concreto, quale sia il ruolo giocato dal titolo/requisito infedelmente dichiarato.

Pertanto solo quando la dichiarazione infedele riguarda la presenza di un reato ostativo alla costituzione del rapporto o un requisito di ammissione, e quindi laddove l’impiego risulti conseguito grazie ad esso, opererà la decadenza. Invece, nei casidi mendaci dichiarazioni inidonee a determinare di per sé la nullità del contratto, esse assumeranno una valenza sul piano della responsabilità disciplinare, posto che l’art. 55-quater, lett. d), del D.Lgs. 165/2001 prevede il licenziamento disciplinare nel caso di «falsità documentali o dichiarative commesse ai fini o in occasione dell’instaurazione del rapporto di lavoro ovvero di progressioni di carriera».

E tuttavia, precisa la Suprema Corte, tali falsi potranno portare al licenziamento «solo in quanto, per la loro gravità (natura del dato sottaciuto o manifestato erroneamente; circostanze della dichiarazione erronea; sopravvenire o meno di un rapporto duraturo che renda meno rilevante quanto originariamente accaduto etc.), siano tali da comportare, in un giudizio concreto di proporzionalità, la lesione, pur apprezzata ex post, del vincolo fiduciario».