In occasione degli adempimenti che gli uffici di segreteria devono compiere per l’aggiorna mento delle graduatorie per il conferimento del le supplenze rispettivamente per il personale do cente e per il personale ATA in applicazione dei decreti ministeriali n. 88 e n. 89 del 16 maggio 2024, riteniamo utile commentare questa sen tenza del Tribunale di Forlì che contiene spunti interessanti che possono indirizzare l'attività di controllo del dirigente scolastico.

 Il Tribunale di Forlì con decreto del 4 febbra io 2022, ha stabilito che in virtù del disposto di cui all'art. 7 del D.M. 3 marzo 2021, l'avvenuta produzione di una certificazione falsa - e che ha così illegittimamente contribuito alla matura zione di un punteggio superiore e l'inserimento in una posizione di graduatoria più alta - com porta legittimamente l'esclusione e il depenna mento da tutte le graduatorie del circolo didatti co di riferimento. Determina altresì la legittima risoluzione anticipata dell'incarico (contratto a termine) già in essere tra le parti. La vicenda del giudizio in commento si rife risce alla formazione delle graduatorie cui par tecipano gli aspiranti interessati a ricevere un contratto di lavoro con l'istituzione scolastica. Nel caso in esame pertanto: • la ricorrente ha prodotto domanda per essere inclusa nelle graduatorie d'istituto di ter za fascia per il profilo professionale di collabora tore scolastico; • nel corso dell'anno scolastico 2020/2021 era risultata titolare di due contratti di lavoro a tempo determinato; • alla presentazione della domanda di ag giornamento per la costituzione delle graduato  rie d'istituto di terza fascia valevole per il succes sivo triennio scolastico 2021 - 2024, accludeva - in aggiunta ai titoli culturali di accesso già in precedenza presentati - una certificazione infor matica del 28.7.2016 di AICA;
• avendo così consolidato un punteggio di 12,80 e raggiunto in graduatoria il posto n. 305, le veniva conferito un contratto di supplenza a tempo determinato; • a seguito dei controlli effettuati dall'i stituzione scolastica sulle dichiarazioni rese e documenti prodotti era emersa la falsità della certificazione informatica prodotta, il dirigente scolastico emanava un provvedimento di ret tifica del punteggio, ridotto a 12,50, escludeva l'interessata da tutte le graduatorie, con l'im possibilità di stipulare altri contratti per l'intero triennio 2021-2024 e nel contempo risolveva immediatamente ed anticipatamente il rapporto di lavoro in essere. L'interessata impugna in via cautelare e d'ur genza il provvedimento del dirigente scolastico sul presupposto che - non rappresentando la certificazione informatica requisito per l'inseri mento nelle graduatorie di interesse e per l'ac cesso alla procedura, solo incidendo sulla misura del punteggio - la pacifica falsità del documento avrebbe al più comportato la retrocessione in graduatoria in ragione della posizione effettiva mente spettante e non la radicale esclusione dal le graduatorie e la risoluzione del rapporto. 
 Per di più, il recesso era stato attuato senza al cuna particolare procedura, tanto meno di con testazione e di difesa. Pertanto l'interessata ha richiesto che venisse annullato sia il decreto di depennamento dalla graduatoria, sia la risoluzione del contratto di supplenza, con conseguente reintegrazione nel posto di lavoro e l'inserimento nella graduatoria di Istituto nella posizione spettantele in base al punteggio di 12,50. Il giudice del lavoro ha respinto il ricorso con le motivazioni che seguono. In primo luogo il giudice del Lavoro ha os servato che l'art. 7 del D.M. 3 marzo 2021, che regolamenta le procedure di formazione delle graduatorie d'istituto, stabilisce che: "....3.Le au todichiarazioni mendaci o la produzione di cer tificazioni false o, comunque, la produzione di documentazioni false comportano l'esclusione dalla procedura di cui al presente decreto per tutti i profili e graduatorie di riferimento, non ché la decadenza dalle medesime graduatorie, nel caso di inserimento nelle stesse, e comporta no, inoltre, l'irrogazione delle sanzioni di cui alla vigente normativa, come prescritto dagli artt. 75 e 76 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n.445. …"; Il Giudice ha osservato che la norma non distingue tra produzioni false utili all'inserimento in gra duatoria e produzioni false utili all'ottenimento di punteggi aggiuntivi in relazione ad una parti colare categoria (ad es. collaboratore scolastico, come nel caso della ricorrente), intendendo in vece la stessa sanzionare il generale utilizzo, nel sistema selettivo propedeutico alla formazione delle graduatorie, di dati non corrispondenti al vero, mirando così ad impedire in generale l'al terazione del corretto ordine delle posizioni e dei punteggi. Inoltre, ha spiegato il Giudice la determina zione dell'Amministrazione non è qualificabile come atto di recesso da un rapporto validamen te instaurato - e quindi come licenziamento -, e nemmeno come provvedimento sanzionatorio di un illecito disciplinare commesso in costanza di rapporto; né è espressione di un potere auto ritativo esercitato in via di autotutela; né, infine, tende a porre rimedio a precedenti risoluzioni datoriali affette da vizi del consenso. Essa, a ben vedere, altro non rappresenta che la formalizza zione del rifiuto dell'amministrazione di rico noscere per il futuro efficacia giuridica ad atti nulli e ai rapporti che sulla base di tali nullità siano stati instaurati; che, ancora e proprio per la falsità del documento in questione, la ricor rente non aveva titolo per ricoprire la posizione in graduatoria attribuitale e, dunque, nemmeno era legittimata a concludere il relativo contratto di lavoro, riservato a chi (legittimamente) rico priva quella posizione; che, dunque, quello stes so contratto di lavoro ed il rapporto derivatone siano allora da considerare nulli, per l'inidoneità della ricorrente ad esserne parte. Infine il Giudice osserva che, ai sensi dell'art. 2126 c.c., non possano scaturire a suo favore ef fetti giuridici pro futuro, in quanto, da un con tratto di lavoro nullo il prestatore trae il diritto di conservare il trattamento retributivo e contribu tivo già maturato, ma non acquista "punteggio" o "anzianità di servizio" spendibili per il futuro. A nostro avviso, le conclusioni di merito cui perviene il giudicante sono rispondenti ad una logica di giustizia sostanziale, volte a tutelare non solo la figura del datore di lavoro ma anche - praecipue - quella degli altri concorrenti, as solutamente pregiudicati da una competizione a quel punto alterata dalla fraudolenta violazione delle regole del gioco. Né ci convince la (semplicistica) richiesta di riposizionamento in graduatoria, vuoi perché la stessa - risolvendosi in una non sanzione - la scerebbe impunito lo scorretto comportamento della lavoratrice, vuoi perché finirebbe per fun gere da volano ad una rincorsa emulatoria in tali scorretti comportamenti anche da parte di altri concorrenti. Ci appare infine evidente - last but not least - il disvalore ambientale determinato da un tal atteggiamento, tanto più grave se rapportato alla generale funzione educativa (e dunque di esem pio) che l'ordinamento assegna all'istituzione scolastica; ed infatti: quale esempio educativo può derivare da addetti che non osservano le re gole minime di correttezza e lealtà? Detto questo - e sottolineata così l'intrinseca gravità del comportamento in questione - rima ne da dire sul percorso motivo dell'ordinanza in nota. Il Tribunale ha affidato la propria motivazio ne al disposto dell'art. 7 del d.m. 3 marzo 2021, norma di recentissimo conio e sulla cui appli cazione nel senso de quo non constano prece denti: ma trattandosi semplicemente di un de creto ministeriale, l'efficacia precettiva che ne  consegue, perlomeno nel senso che qui rileva, è tutta da verificare. È così risultato bypassato il faticoso equilibro ermeneutico tessuto da Cass. 11 luglio 2019 n. 18699, secondo cui il tema delle falsità documentali che si verificano al momento dell'accesso all'impiego pubblico coinvolge una pluralità di disposizioni coesistenti. Sotto un primo profilo l'art. 127 lett. d) d.p.r. n. 3/1957 prevede che vi sia decadenza dall'impiego "quan do sia accertato che l'impiego fu conseguito me diante la produzione di documenti falsi o viziati da invalidità non sanabile". E per altri versi l'art. 75 d.p.r. n. 445/2000, in tema di dichiarazioni, prevede invece che la "non veridicità del conte nuto" comporti la decadenza del dichiarante "dai benefici eventualmente conseguenti al provvedi mento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera". Osserva la Corte di legittimità che "si tratta in entrambi i casi di fattispecie in cui l'effetto ca ducatorio è delineato come tale, da determinarsi senza margini di apprezzamento discrezionale per la P.A. e per il solo fatto oggettivo della fal sità". Ma al contempo, la disciplina del rapporto di impiego pubblico privatizzato prevede che siano causa di licenziamento "le falsità documentali o dichiarative commesse ai fini o in occasione dell'instaurazione del rapporto di lavoro ovvero di progressioni di carriera" (così, espressamente, l'art. 55quater lett. d d. lgs. n. 165/2001, che de linea in questo caso una vera propria sanzione disciplinare, come tale assoggettata al relativo procedimento applicativo di cui all'art. 55bis d. lgs. n. 165/2001). Il potenziale conflitto tra tali norme è stato però ricondotto a ragione dalla sentenza di legit timità sopra menzionata, la quale si è incaricata di affermare il seguente principio di diritto: "Il determinarsi di falsi documentali (art. 127 lett. d d.p.r. n. 3/1957) o dichiarazioni non veritiere (art. 75 d.p.r. n. 445/2001) in occasione dell'ac cesso al pubblico impiego è causa di decaden za, per conseguente nullità del contratto, allor quando tali infedeltà comportino la carenza di un requisito che avrebbe in ogni caso impedito l'instaurazione del rapporto di lavoro con la P.A. Nelle altre ipotesi, le produzioni o dichiarazioni false effettuate in occasione o ai fini dell'assun zione possono comportare, una volta instaura to il rapporto, il licenziamento, ai sensi dell'art. 55quater lett. d), in esito al relativo procedimen to disciplinare ed a condizione che, valutate tutte le circostanze del caso concreto, la misura risulti proporzionata rispetto alla gravità dei compor tamenti tenuti".E proprio sulla base di quella af fermazione, la Corte ha cassato l'impugnata sen tenza della Corte d'Appello di Torino che aveva legittimato il provvedimento di decadenza inti mato ad un lavoratore reo di aver reso dichiara zioni mendaci in ordine all'assenza di pregresse condanne penali. Ma una tal determinazione si è però verificata in relazione ad una fattispecie in cui il fatto (pur indebitamente) sottaciuto non risultava ostativo all'assunzione (e né, aggiungiamo noi, era desti nato ad alterare le graduatorie di riferimento). Nel caso sub iudice, invece, non può revo carsi in dubbio che l'assunzione sia stata deter minata da un punteggio illegittimo e da una al trettanto illegittima posizione in graduatoria, e cioè da quei benefici determinati dalla falsità del documento prodotto: tutto ciò che autorizzava, ordunque, l'immediata decadenza secondo le già illustrate normative che regolamentano l'accesso al pubblico impiego. A corollario di tali considerazioni, può non dimeno aggiungersi che a tale risultato risoluto rio si sarebbe pervenuti anche qualora fosse sta ta azionata la procedura di licenziamento di cui all'art. 55quater lett. d) del d. lgs. n. 165/2001: la slealtà che ha caratterizzato il comportamento della lavoratrice e il disvalore ambientale che ne consegue in ambito educativo/scolastico avreb bero sicuramente assunto i connotati di una le gittima causa di risoluzione del rapporto di lavoro. Naturalmente, in questo secondo caso, si sarebbe resa necessaria la procedura di contestazione.
 
 
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