Nel sistema delineato dall’art. 7, legge n. 300 del 1970, il diritto del lavoratore di farsi assistere da un rappresentante dell'associazione sindacale, cui aderi­sce o conferisce mandato, esaurisce la tutela di legge, non essendovi in esso alcun riferimento alla difesa c.d. "tecnica" assicurata da un avvocato, che è normalmente prevista solo per il giudizio e che può es­sere riconosciuta o meno, al di fuori di tale ipotesi, in base ad una valutazione discrezionale del datore di lavoro. Neppure ha rilievo la circostanza che il lavoratore, per gli stessi fatti oggetto dell'iniziativa disci­plinare, sia chiamato a rispondere nell’ambito di un processo penale, considerata la diversità della sfera di interessi, privati e pubblici, su cui incidono i due distinti procedimenti.

La Suprema Corte innanzitutto ha chiarito che nella specie non poteva ritenersi applicabile, ratione temporis, la novellazione della disciplina del procedimento disci­plinare per il pubblico impiego privatizzato di cui alla legge n. 150 del 2009, con la conseguenza che il procedi­mento disciplinare, azionato nei confronti del ricorren­te, restava assoggettato al Regolamento di disciplina dell'istituto previdenziale convenuto, vigente al tempo in cui detto procedimento era stato avviato.

La Suprema Corte ha, dunque, evidenziato che nel suc­citato Regolamento è prevista l'audizione del lavoratore di persona, con l'eventuale assistenza da parte di un procuratore o di un rappresentante dell'associazione sindacale, cui il lavoratore aderisca o conferisca man­dato, e non già la sostituzione di quest'ultimo ad opera di tali soggetti.

La Suprema Corte ha richiamato inoltre il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità in materia, alla stregua del quale nel sistema delineato dall'art. 7, legge n. 300 del 1970, il diritto del lavoratore di farsi assistere da un rappresentante dell'associazione sindacale, cui aderisce o conferisce mandato, esaurisce la tutela di legge, non essendovi in esso alcun riferi­mento alla difesa c.d. "tecnica" assicurata da un avvo­cato, che è normalmente prevista solo per il giudizio e che può essere riconosciuta o meno, al di fuori di tale ipotesi, in base ad una valutazione discrezionale del da­tore di lavoro. Neppure ha rilievo la circostanza che il lavoratore, per gli stessi fatti oggetto dell'iniziativa di­sciplinare, sia chiamato a rispondere nell'ambito di un processo penale, considerata la diversità della sfera di interessi, privati e pubblici, su cui incidono i due distin­ti procedimenti (in tal senso cfr. Cass. 11 aprile 2017, n. 9305)-

Corte di Cassazione Sez. Lav. 21 marzo 2018, n. 6994