In tema di ius variandi ai sensi dell’art. 2103 c.c., non ogni modifica quantitativa delle mansioni, con riduzione delle stesse, si traduce automaticamente in una dequalificazione professionale, in quanto tale fattispecie implica una sottrazione di mansioni tale - per natura, portata e incidenza sui poteri del lavoratore e sulla sua collocazione nell'ambito aziendale - da comportare un abbassamento del globale livello delle prestazioni del lavoratore con una sottoutilizzazione delle capacità dallo stesso acquisite e un conseguente impoverimento della sua professionalità.
La Suprema Corte ha precisato che un ridimensionamento dei compiti assegnati ad un lavoratore non si traduce di per sé nell'espletamento di mansioni inferiori rispetto a quelle proprie del livello di appartenenza. In altre parole, non ogni modifica quantitativa delle mansioni, con riduzione delle stesse, si traduce automaticamente in una dequalificazione professionale, in quanto tale fattispecie implica una sottrazione di mansioni tale - per natura, portata e incidenza sui poteri del lavoratore e sulla sua collocazione nell'ambito aziendale - da comportare un abbassamento del globale livello delle prestazioni del lavoratore con una sottoutilizzazione delle capacità dallo stesso acquisite e un conseguente impoverimento della sua professionalità.
Corte di Cassazione Sez. Lav. 14 novembre 2019, n. 29626