In una pronuncia del Tribunale di primo grado di Treviso, il giudice ha condannato i genitori dell’alunno che aveva offeso e denigrato la propria insegnante in un compito scritto al risarcimento del danno extracontrattuale per culpa in educando.

Tale pronuncia aderisce ad un costante orientamento della Cassazione, che ritiene il ruolo del docente non esclusivamente rilegato alle funzioni di tenuta delle lezioni, ma esteso a tutti i contesti preparatori e successivi della lezione. Non solo, ma nell’esercizio delle sue funzioni, non va trascurato che il docente assume la qualifica di pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni, e pertanto, in tutte le attività dove l’insegnante entra in contatto con l’alunno, gode di una tutela particolare che interessa sia l’ambito civile che penale. Premesso che nell’ambito della seguente pronuncia, si è trattato soltanto di quantificare un risarcimento del danno, non sono mancati casi in cui il docente ha assunto rilevanza quale pubblico ufficiale in un processo penale (Cassazione penale, sez. V, n. 15367 del 2014).

I fatti riassunti in causa riguardano, come già premesso, un alunno di scuola elementare che nello svolgimento di un compito scritto aveva definito la propria insegnante come “impazzita”, “sclerata” e da “rinchiudere in casa di ricovero”. La sentenza è di particolare attualità perché mette in luce un fenomeno molto diffuso, che consiste in condotte irriguardose da parte degli alunni nei confronti degli insegnanti, troppo spesso tollerate e derubricate in sede disciplinare. E altrettanto spesso giustificate dai genitori.

In questo caso tuttavia il giudice ha riconosciuto la punibilità dei genitori per «culpa in educando», che integra la responsabilità extracontrattuale regolata dall’articolo 2048 del codice civile, secondo cui la colpa del genitore per la condotta antigiuridica del figlio sussiste in via presuntiva (Cassazione civile, sez. III, n. 9556 del 2009).  

Come la dottrina ricorda in tema di responsabilità dei genitori (C. Salvi, La responsabilità civile, 2005, p. 184) in base all’art. 2048 il padre e la madre sono responsabili in solido del danno cagionato dal fatto illecito dei minori; sono esonerati dalla responsabilità «soltanto se provano di non aver potuto impedire il fatto». Nel nostro caso si parla di culpa in educando vale a dire il genitore deve provare di aver impartito al figlio un’educazione idonea a non compiere i fatti illeciti, e molto spesso l’inadeguatezza dell’educazione viene desunta dalle modalità stesse del comportamento dannoso (Cassazione civile n. 7270 del 2001). La dottrina menzionata (Salvi) non risparmia le critiche all’uso giurisprudenziale del riferimento “dovere di educazione” poiché consente in misura del tutto arbitraria di stabilire l’ammontare del risarcimento. Infatti, stante l’antigiuridicità della condotta, il docente non ha dimostrato l’insorgenza del danno è stato stabilito equitativamente dal giudice nella cifra di 1.200 euro, più 131.50 euro per esborsi, 180 euro per spese generali, il 20% per l’Iva e il 4% per i contributi previdenziali.

Giudice di Pace di Conegliano, sentenza del 4 maggio 2020, n. 50