Ai sensi dell'art. 7, co. 2 della l. n. 300 del 1970, ai fini della legittima irrogazione di una sanzione disciplinare la previa contestazione dell'addebito è da intendersi come esposizione dei soli dati e degli aspetti essenziali del fatto materiale posto a base della sanzione da irrogare; pertanto, per ritenere integrata la violazione del principio di specificità è necessario che si sia verificata una concreta lesione del diritto di difesa del lavoratore e la difesa esercitata in sede di giustificazioni è un elemento concretamente valutabile per ritenere provata la non genericità della contestazione.
La Corte di cassazione, nell'annotata sentenza ha ribadito che «la contestazione disciplinare deve delineare il solo addebito, come individuato dal datore di lavoro, e quindi la condotta ritenuta disciplinarmente rilevante, in modo da tracciare il perimetro dell'immediata attività difensiva del lavoratore».
Conseguentemente, intanto può ritenersi sussistente violazione del principio di specificità, in quanto sia verificata una concreta lesione del diritto di difesa del lavoratore desumibile dall'attività svolta in sede di giustificazioni.
In altri termini, secondo l'impianto argomentativo espresso dalla Corte di cassazione, la parte datoriale può certamente limitarsi - in sede di contestazione disciplinare - all'individuazione dei soli fatti nella loro dimensione puramente materiale derivando, il vizio di genericità, dalla sola prova del mancato (o menomato) esercizio delle prerogative difensive del prestatore. Pertanto, l'atto di avvio del procedimento disciplinare deve ritenersi non affetto da genericità tutte le volte in cui l'attività di difesa (invio delle giustificazioni, etc.) sia stata di fatto esercitata dal lavoratore.
Corte di Cassazione, Sez. Lav., 10 agosto 2021, n. 22583