Le norme dettate in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, tese ad impedire l'insorgenza di situazioni pericolose, sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza ed imprudenza dello stesso, con la conseguenza che il datore di lavoro è sempre responsabile dell'infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente, non potendo attribuirsi alcun effetto esimente, per l'imprenditore, all'eventuale concorso di colpa del lavoratore, la cui condotta può comportare, invece, l'esonero totale del medesimo imprenditore da ogni responsabilità solo quando presenti i caratteri dell'abnormità, inopinabilità ed esorbitanza, necessariamente riferiti al procedimento lavorativo "tipico" ed alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell'evento ed integrando il c.d. "rischio elettivo".
La Suprema Corte ha ricordato, anzitutto, che, in tema di responsabilità ex art. 2087 cod. civ., nell'ipotesi di infortunio sul lavoro, la colpa da imputare al lavoratore per imprudenza, negligenza o imperizia non esclude quella del datore di lavoro, il quale è tenuto a provare di aver fatto il possibile per evitare il danno, non essendo sufficiente il concorso di colpa del lavoratore per caducare il nesso di causalità. La responsabilità del datore di lavoro viene meno unicamente qualora vengano accertate l'abnormità, l'opinabilità e l'esorbitanza del comportamento del lavoratore, necessariamente riferite al procedimento lavorativo tipico ed alle direttive ricevute, in modo da porsi quale causa esclusiva dell'evento. Solo in questo caso, infatti, si considera integrato il c.d. "rischio elettivo", ossia «una condotta personalissima del lavoratore, avulsa dall'esercizio della prestazione lavorativa 0 anche ad essa riconducibile, ma esercitata e intrapresa volontariamente in base a ragioni e motivazioni del tutto personali, al di fuori dell'attività lavorativa e prescindendo da essa, come tale idonea ad interrompere il nesso eziologico tra prestazione ed attività assicurata».
Pertanto, come costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, il datore di lavoro è sempre responsabile dell'infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente.
Corte di Cassazione. Sez. Lav. 18 giugno 2018, n. 16047