di Valeria Rombolà, Giornalista e dottoressa in Giurisprudenza
Sempre sull'onere del soggetto danneggiato- in questo caso lo studente - di provare il nesso di causalità. In questo caso specifico l'amministrazione scolastica non è stata condannata al pagamento del risarcimento del danno perchè il soggetto danneggiato non poteva dimostrare il nesso di causalità compiutamente, considerato che il fatto riguardava la caduta durante una competizione sportiva (sciistica) e non poteva essere richiesto un livello di vigilanza ulteriore, idoneo a prevenire il danno. Tendenzialmente, il giudice civile, proprio perchè l'amminisrazione può essere condannata solo per la sussistenza del nesso di causalità e non per il grado di colpa. Diversamente, l'elemento soggettivo influirà nell'eventuale giudizio di responsabilità amministrativa a danno dei soggetti preposti alla sorveglianza innanzi alla Corte dei Conti.
Lo studente che provoca danno a se stesso durante una gita scolastica ha l’onere di dimostrare la mancata osservanza degli obblighi di sorveglianza da parte di scuola ed insegnanti per ascrivere a costoro la responsabilità. E’ quanto ha deciso la Corte di Cassazione nella sentenza 5118 del 17 febbraio 2023 ribaltando quanto precedentemente statuito dai giudizi di merito e accogliendo il primo motivo di ricorso sostenuto dalla Compagnia assicurativa chiamata in manleva del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. La Corte ha cassato e rinviato in Appello la decisione che dovrà essere rivista alla luce della sentenza resa dagli Ermellini.
Il fatto vede coinvolta una studentessa, che a seguito di una rovinosa caduta dagli sci subita durante una gita scolastica, convenne in giudizio nel 2010, avanti il Tribunale di Firenze, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca per richiedere il risarcimento dei danni conseguenti all’incidente. La Corte ha sposato la tesi dei ricorrenti sostenendo che ,secondo il generale espresso dall'art. 2697 c.c. grava “sull'attore la prova del nesso causale fra la condotta dell'obbligato inadempiente e il pregiudizio di cui si chiede il risarcimento". (Cass. 8849/2021).
Dalla ricostruzione fattuale dell’accaduto, le lesioni riportate dalla studentessa sono da ricondurre allo svolgimento di una pista facente parte del comprensorio sciistico ove si svolgeva la gita, ma in condizione metrologiche avverse. In particolare, risulta che la studentessa si fosse recata sul luogo dell’incidente insieme al padre, il quale non solo l'accompagnò sulla pista ma rimase in loco sino a dopo l'avvenuto infortunio, tanto da essere presente quando la ragazza venne soccorsa.
All’esito del giudizio di primo grado, il Tribunale di Firenze aveva stabilito che il danno fosse ascrivibile alla mancata vigilanza degli insegnanti e della scuola, e aveva liquidato un risarcimento pari a 30.000 euro alla studentessa, confermato poi in appello. La Suprema Corte ha, invece, ribaltato quanto precedentemente deciso dai giudici di prime cure accogliendo le motivazioni addotte dalla Compagna Assicurativa.
In particolare, con il primo motivo, la ricorrente sosteneva la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1218 e 2697 c.c., "in tema di riparto dell'onere probatorio e nesso di causalità". Sulla scorta di tale fondamento normativo, nel ricorso presentato alla Suprema Corte, la Compagnia Assicurativa ha messo in discussione il punto decisivo della controversia concernente l’assenza di prove che dimostrassero che la studentessa “al momento della caduta fosse affidata alla sorveglianza dell'Istituto scolastico” in quanto, secondo la loro tesi, non era stata offerta prova che l'infortunio fosse occorso in assenza dell’opportuna sorveglianza.
La decisione del giudice di cure aveva fondato il proprio convincimento sul fatto che, al momento dell'incidente, la ragazza stesse partecipando alla gara di sci di istituto e che pertanto vigesse appieno l’onere di sorveglianza da parte dell’istituto scolastico. Tale dato, secondo la tesi della ricorrente, risulta erroneo dal momento che la competizione era stata programmata per il pomeriggio, mentre l'incidente si era verificato la mattina in un momento diverso rispetto a quello in cui l’attenzione dei docenti avrebbe dovuto essere massima.
Il motivo principale adotto dalla Compagna Assicurativa a sostegno della sua tesi è, però, quella per il quale il creditore/danneggiato non abbia dato prova alcuna del nesso causale tra il danno e la condotta inadempiente dell’obbligo di sorveglianza da parte della scuola. In particolare, la Compagnia assicurativa sostiene che, sulla scorta del fondamento legale in termini di assolvimento dell’onere probatorio, sarebbe dovuta essere la danneggiata a descrivere ed allegare le ragioni della caduta, così da ricondurla casualmente alla condotta omissiva imputata all'insegnante.
A sostegno delle sue ragioni, la Compagnia Assicurativa ha ribadito che la caduta dagli sci è da considerare una circostanza probabile quando si pratica suddetto sport e non si può dalla semplice caduta, in assenza di una descrizione della dinamica, ricavare automaticamente la presunzione di responsabilità per culpa in vigilando dell'insegnante. Invero è necessario descrivere il nesso che lega il sinistro alla condotta colposa a questi imputata. Pertanto, anche nell’ambito della responsabilità contrattuale, non si può aprioristicamente escludere il caso fortuito dalle circostanze rilevanti nell’ esame della fattispecie in esame.
Alla luce della suddette considerazioni la Corte di appello avrebbe errato a ritenere che l'istituto scolastico non avesse assolto l'onere di aver apprestato le misure idonee a garantire la vigilanza e la sicurezza degli alunni, così come dell'accidentalità della caduta, in quanto imprevedibile e repentina e tale dunque da non potersi addebitare alla colpa dell'insegnante addetto alla vigilanza degli alunni.
Nel secondo motivo la Compagnia ha contestato anche il "travisamento delle prove; omessa e/o erronea valutazione di prove decisive ai fini della pronunzia e/o violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.". Invero la Corte di Appello avrebbero basato la colpa per l’assenza della dovuta vigilanza da parte degli insegnanti sulla base del fatto che i docenti avessero lasciato liberi gli studenti di sciare, senza quindi avere contezza delle loro capacità sciistiche in una pista impegnativa. A contrasto di quando addotto, in primo luogo, la Compagnia Assicurativa rilevava che non era stato rilevato l’assenso alla partecipazione alla gara da parte dei genitori della danneggiata i quali, dunque, confermavano le abilità sciistiche della stessa. Inoltre, gli stessi genitori avevano sottoscritto anche l'autorizzazione di esonero della responsabilità per eventuali incidenti che sarebbero potuti accadere.
L’assenza della vigilanza contrastava, inoltre, con le numerose testimonianze che provava come ogni pista risultava sotto la sorveglianza di un professore. Infine la mancata presenza della professoressa al momento dell'incidente non era da considerare una circostanze idonea a dimostrare la sussistenza di una culpa in vigilando, dal momento che, come dimostrato nel corso del giudizio, la stessa era comunque presente sulla pista da sci.
Sulla base delle ragioni fattuali e giuridiche fin qui esposte, gli Ermellini hanno accolto i motivi dei ricorrenti ribadendo un principio importante in tema di normativa scolastica: la natura contrattuale che lega l’istituto scolastico agli allievi/famiglia e le relative conseguenze dei suoi inadempimenti.
Nel caso di specie, la Cassazione ha ribadito il principio- ormai consolidato in giurisprudenza- relativa alla natura contrattualistica del rapporto scuola/allievi il quale “importa obblighi di sorveglianza (Cass. 8811/ 2020; Cass. 10516/ 2017; Cass. 2695/n 2016)" in quanto, a prescindere da tale accettazione formale, si istituisce tra alunno (o suoi rappresentanti) e scuola un contatto sociale che tiene gli effetti del contratto (Cass. 5067/2010).” Di conseguenza, un eventuale violazione di esso comporta, secondo un recente filone giurisprudenziale, in ragione dell’ art. 2697 cc che sull’attore gravi “la prova del nesso causale fra la condotta dell'obbligato inadempiente e il pregiudizio di cui si chiede il risarcimento". (Cass. 8849/2021).
Ribadendo il principio giurisprudenziale appena indicato, la Suprema Corte ha dunque rilevato un erronea applicazione dell'onere della prova a carico dei convenuti, che non ha tenuto in considerazione che la prova del nesso causale grava sul danneggiato.