L'istituto dell'accesso civico generalizzato non può essere utilizzato in modo disfunzionale ed essere trasformato in una causa di intralcio al buon funzionamento dell’amministrazione.
La valutazione dell’utilizzo secondo buona fede va operata caso per caso, al fine di garantire – in un delicato bilanciamento – che, da un lato, non venga obliterata l’applicazione dell’istituto [dell’accesso civico generalizzato], dall’altro lo stesso non determini una sorta di effetto “boomerang” sull’efficienza dell’Amministrazione.
Posta questa finalità, l'istituto, che costituisce uno strumento di tutela dei diritti dei cittadini e di promozione della partecipazione degli interessati all'attività amministrativa (cfr. art. 1 D.lgs. 33/2013, come modificato dall'art. 2 D.lgs. 97/2016), non può essere utilizzato in modo disfunzionale rispetto alla predetta finalità ed essere trasformato in una causa di intralcio al buon funzionamento dell'amministrazione. La valutazione dell'utilizzo secondo buona fede va operata caso per caso, al fine di garantire - in un delicato bilanciamento - che, da un lato, non venga obliterata l'applicazione dell'istituto, dall'altro lo stesso non determini una sorta di effetto "boomerang" sull'efficienza dell'Amministrazione.
Ad esempio è stata ritenuta sovrabbondante la richiesta rivolta ad un Comune di "tutte le determinazioni complete degli allegati emanate nel corso dell'anno 2016 da tutti i responsabili dei servizi nell'anno 2016" - cui peraltro hanno fatto seguito due ulteriori istanze volte ad ottenere tutte le determinazioni di tutti i Settori dell'Ente emanate nei mesi successivi. Tale istanza palesemente costituiva una manifestazione sovrabbondante, pervasiva e, in ultima analisi, contraria a buona fede dell'istituto dell'accesso generalizzato.
Non è pertanto passibile di censura da parte del giudice amministrativo l'eventuale motivazione del diniego espressa dalla pubblica amministrazione laddove ritenga di rinvenire nell'istanza del ricorrente un'ipotesi di "richiesta massiva", così come definita dalle Linee Guida adottate dall'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) con determinazione del 28 dicembre 2016, che impone un facere straordinario, capace di aggravare l'ordinaria attività dell'Amministrazione. Tale valutazione certamente deve essere effettuata nel caso concreto, nel caso indicato ad esempio (e trattato dal giudice nella relativa controversia) la richiesta di tutte le determinazioni di tutti i responsabili dei servizi del Comune assunte nell'anno 2016 implicava necessariamente l'apertura di innumerevoli subprocedimenti volti a coinvolgere i soggetti controinteressati.
Occorre anche menzionare l'istituto dell'abuso del diritto. La giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di precisare che l'abuso del diritto si configura in presenza dei seguenti elementi costitutivi: "...1) la titolarità di un diritto soggettivo in capo ad un soggetto; 2) la possibilità che il concreto esercizio di quel diritto possa essere effettuato secondo una pluralità di modalità non rigidamente predeterminate; 3) la circostanza che tale esercizio concreto, anche se formalmente rispettoso della cornice attributiva di quel diritto, sia svolto secondo modalità censurabili rispetto ad un criterio di valutazione, giuridico od extragiuridico; 4) la circostanza che, a causa di una tale modalità di esercizio, si verifichi una sproporzione ingiustificata tra il beneficio del titolare del diritto ed il sacrifico cui è soggetta la controparte" (cfr. Consiglio di Stato, sez. V 7 febbraio 2012, n. 656).
Alla luce di tali principi, occorre considerare l'ipotesi in cui l'istanza del ricorrente - anche tenendo conto delle precedenti istanze e di quelle successive - possa costituire un abuso dell'istituto, in quanto irragionevole e sovrabbondante. Va peraltro osservato che ciò che le Linee Guida dell'ANAC qualifica come "richieste massive", e che giustifica, con adeguata motivazione, il rigetto dell'istanza, altro non è che la declinazione del principio di divieto di abuso del diritto e di violazione del principio di buona fede.
T.A.R. Milano, sez. III, Sent. 11.10.2017 n. 1951