Il procedimento disciplinare, ancorché di natura datoriale, può costituire oggetto di accesso documentale, ma compete all’amministrazione valutare la fondatezza giuridica dell’istanza.

Una recentissima sentenza del TAR Lazio (n. 3645/2022) riconosce la possibilità di concedere l’accesso documentale agli atti del procedimento disciplinare qualora ciò sia finalizzato alla difesa dell’accedente.

Per costante giurisprudenza il soggetto destinatario di un procedimento disciplinare – sia esso un lavoratore privato o un dipendente pubblico – deve essere messo nelle condizioni di poter esercitare pienamente il diritto di difesa e avere  cognizione dei fatti (e della relativa documentazione) che hanno determinato elementi di colpevolezza nei suoi riguardi. Così come affermato nella sentenza n. 282 del Consiglio di Stato, sez. IV, emessa il 13 gennaio 2020, “il diritto di accesso trova fondamento nell’esigenza di tutelare un interesse giuridicamente rilevante, intendendosi per tale un interesse serio, effettivo, concreto e, in definitiva, ricollegabile all’istante da un preciso e ben identificabile nesso funzionale alla realizzazione di esigenza di giustizia […]. L’interesse all’accesso e la sua rilevanza ai fini della difesa nelle varie e distinte fasi del procedimento disciplinare vanno intesi in senso ampio, essendo sufficiente che la documentazione richiesta costituisca, genericamente, mezzo utile per la difesa.”

Ancora, secondo il Consiglio di Stato, Ad. Plen., 18 marzo 2021, n. 4, in materia di accesso difensivo, ai sensi dell’art. 24, comma 7, della Legge n. 241/1990, si deve escludere che sia sufficiente nell’istanza di accesso un generico riferimento a non meglio precisate esigenze probatorie e difensive, siano esse riferite a un processo già pendente oppure ancora instaurando, poiché l’ostensione del documento richiesto passa attraverso un rigoroso, motivato, vaglio sul nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e la situazione finale che l’istante intende curare o tutelare.

Ciononostante, la pubblica amministrazione detentrice del documento e il giudice amministrativo adito nel giudizio di accesso ai sensi dell’art. 116c.p.a. non devono invece svolgere ex ante alcuna ultronea valutazione sull’ammissibilità, sull’influenza o sulla decisività del documento richiesto nell’eventuale giudizio instaurato, poiché un simile apprezzamento compete, se del caso, solo all’autorità giudiziaria investita della questione e non certo alla pubblica amministrazione detentrice del documento o al giudice amministrativo nel giudizio sull’accesso, salvo il caso di una evidente, assoluta, mancanza di collegamento tra il documento e le esigenze difensive e, quindi, in ipotesi di esercizio pretestuoso o temerario dell’accesso difensivo stesso per la radicale assenza dei presupposti legittimanti previsti dalla Legge n. 241/1990.

Nel caso di specie, un operatore scolastico ha chiesto l'ostensione degli atti presenti nel fascicolo relativo al procedimento disciplinare instaurato nei suoi confronti, oltre a quelli contenuti nel fascicolo disciplinare aperto dalla stessa amministrazione a carico di un collaboratore scolastico coinvolto nella medesima vicenda, citato nello stesso giudizio in qualità di controinteressato. Se ne deduce che i procedimenti disciplinari aperti nei confronti del personale sono stati due relativamente alla medesima vicenda.

A seguito della succitata istanza, l'amministrazione scolastica ha negato l'accesso agli atti del fascicolo disciplinare del controinteressato, ritenendo la domanda sprovvista della prevista esplicitazione dell'interesse diretto, concreto ed attuale di parte ricorrente ad accedere a tale documentazione, anche alla luce del fatto che ai procedimenti disciplinari afferirebbero dati sensibili, tutelati dall'ordinamento giuridico in maniera assimilabile a quelli giudiziari, ai sensi dell'art. 24, co. 7 della L. n. 241 del 1990.

Il Collegio smonta rapidamente la motivazione del provvedimento di diniego.

Per i giudici sussiste la legittimazione del ricorrente ad ottenere l'ostensione degli atti del procedimento relativo al collega coinvolto nella vicenda, proprio perché le premesse fattuali sono comuni a entrambi i procedimenti disciplinari e su questi stessi fatti v’è una legittima esigenza conoscitiva in capo all’istante.

Infatti, costui ha interesse a “verificare che i fatti rilevanti ai fini dell’istruttoria siano stati effettivamente acquisiti in entrambi i fascicoli, al fine di constatare la sussistenza, o meno, di possibili omissioni in grado di inficiare la legittimità della sanzione ricevuta”.

Quanto, invece, al paventato rilievo circa la presenza di interessi antagonisti alla riservatezza, in ragione del coinvolgimento di dati sensibili e giudiziari, il Collegio ripercorre le eccezioni all’accessibilità dei documenti amministrativi e, in particolare, quella ex art. 24, comma 7, a mente del quale «Nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari, l'accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile e nei termini previsti dall'articolo 60 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in caso di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale».

L’accesso agli atti afferenti ad un procedimento disciplinare ancorché non idonei a evocare la categoria dei dati sensibili e giudiziari, per i quali vige il limite all’accesso ex art. 24, co. 7, legge 241/1990, richiede una valutazione rafforzata nell’ambito del bilanciamento tra esigenze di trasparenza e tutela della riservatezza. Lo stabilisce il Tar Lazio, sez. III Bis, sentenza 30 marzo 2022, n. 3645.

Sotto questo profilo il Tar segue due percorsi argomentativi.

Per un verso, il Collegio precisa che nella fattispecie si versa nella distinta ipotesi di un procedimento amministrativo che, seppur di carattere sanzionatorio, è fisiologicamente estraneo all’ambito di applicabilità dell’eccezione relativa a dati sensibili e giudiziari (cfr. Cons. stato sez. III, n. 5004 del 30 ottobre 2017).

Ciò nonostante, e qui si apre il secondo filone argomentativo, il Tar riconosce l’esigenza di dover comunque effettuare un bilanciamento degli interessi in gioco. Ciò perché i dati afferenti ad un procedimento disciplinare, ancorché non idonei a evocare la categoria di “dati sensibili e giudiziari” di cui alla predetta eccezione, necessitano comunque di una valutazione rafforzata.

In tal senso, interviene proprio il principio enucleabile dall'art. 24, comma 7, della legge n. 241/1990, secondo cui «deve comunque essere garantito ai richiedenti l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici».

Questo principio impone al giudice di accertare se la conoscenza della documentazione amministrativa chiesta sia potenzialmente ed astrattamente utilizzabile a difesa di interessi giuridicamente rilevanti.

Nel caso di specie, avendo il ricorrente chiarito che il suo interesse all’accesso agli atti contenuti nel fascicolo disciplinare del collega è strumentale a verificare la correttezza dell’istruttoria condotta, nei due procedimenti sanzionatori, da parte dell’amministrazione, a fronte di un’unica e comune dinamica fattuale, resta soddisfatto il principio in questione: la conoscenza dei documenti richiesti si qualifica come «strettamente indispensabile» al fine di consentire l’esercizio della difesa dei propri interessi giuridici.

In conclusione, il Collegio riconosce a favore del ricorrente il diritto di accesso agli atti richiesti, in quanto tale diritto è stato precipuamente formulato al fine di poter tutelare un proprio interesse giuridicamente rilevante.

503 Service Unavailable

Service Unavailable

The server is temporarily unable to service your request due to maintenance downtime or capacity problems. Please try again later.

Additionally, a 503 Service Unavailable error was encountered while trying to use an ErrorDocument to handle the request.