La Corte di Cassazione, Sez. Lav., con sentenza del 3 aprile 2024, n. 8740, ha considerato legittimo il licenziamento disciplinare per giusta causa disposto nei confronti dell’insegnante che abbia affrontato argomenti legati alla sessualità e alla procreazione con alunni di giovane età e all’esito di un contesto inappropriato (la lite tra due bambini, con uso da parte loro di parole forti, anche di ambito sessuale o corporale), senza pianificazione o coordinamento con le altre maestre, in una classe in cui aveva iniziato ad insegnare da poco, con l’effetto ultimo di provocare turbamento negli alunni. I comportamenti riscontrati e gli effetti di essi sono stati ritenuti in grave contrasto con i doveri inerenti alla funzione ricoperta.
L’insegnante ha proposto ricorso per cassazione deducendo tra i motivi del ricorso, in particolare, l’insufficienza e l’inidoneità probatoria dei documenti contenenti dichiarazioni dei bambini coinvolti nella vicenda, in quanto avrebbero «ingigantito» i fatti e, contenendo dichiarazioni de relato, non potrebbero avere valenza probatoria.
La Suprema Corte ha ritenuto questo motivo manifestamente inammissibile in quanto «è del tutto consolidato il principio per cui nel vigente ordinamento processuale, mancando una norma di chiusura sulla tassatività tipologica dei mezzi di prova, il giudice può legittimamente porre a base del proprio convincimento anche prove cosiddette atipiche, purché idonee a fornire elementi di giudizio sufficienti».
Da ultimo l'insegnante tra i motivi a sua difesa denunciava l’erroneo apprezzamento sull’esito della prova sostenendo di non aver mai utilizzato espressioni volgari o crude o di aver mostrato o disegnato immagini inappropriate, perché quanto rappresentato era un ovulo, uno spermatozoo ed uno zigote e non un pene ed una vagina.
La Cassazione ha respinto anche questo ulteriore motivo perché la ratio decidendi posta a base della pronuncia impugnata non riguardava tanto i singoli particolari della vicenda di causa, quanto l’essersi l'insegnate addentrata «in una tematica delicata (…) senza pianificazione o coordinamento con le altre maestre, in una classe in cui aveva iniziato ad insegnare da poco, con l’effetto ultimo di provocare turbamento negli alunni».
In conclusione la Corte nel respingere il ricorso ha giudicato legittimo il licenziamento ed ha condannato la stessa al pagamento delle spese del giudizio.