Premessa

Come illustrato sul n. 4/2019 della rivista Amministrare la Scuola, in sede di controllo delle autodichiarazioni del personale che ha inoltrato domanda di inserimento nelle graduatorie di istituto, può emergere la problematica del mendacio con riferimento all’assenza di precedenti penali.

Poiché, come noto, non ogni precedente penale è ostativo alla costituzione del rapporto di lavoro, il mendacio costituito dall’omessa dichiarazione di precedenti penali non ricompresi nell’elencazione contenuta nell’art. 1 L. 16/1992[1], potrebbe considerarsi irrilevante per la permanenza in graduatoria, sebbene obbligare il dirigente scolastico alla denuncia ex art. 76 DPR 445/2000.

Tuttavia l’interpretazione prevalente è stata sin qui rigorista: anche facendo leva sul fatto che i Decreti Ministeriali che regolano la formazione delle graduatorie prevedono espressamente l’esclusione dalla procedura e la decadenza in caso di mendacio nelle autocertificazioni, si assumeva la necessità di procedere con il depennamento dalle graduatorie.

In tal senso, ex multis, Cons. St. n. 1172/2017, Corte App. BO, sez. lav., n. 234/2017, Trib. Monza, sez. lav., 7.07.2016 e Trib. Modena, sez. lav., 24.07.2018 n. 2715, il quale ultimo precisa altresì che «non rileva che i reati di cui alle sentenze non riguardino quelli indicati nella contrattazione collettiva, abbiano ad oggetto reati risalenti nel tempo e siano privi di pertinenza con i requisiti generali di ammissione previsti nel bando poiché, da un lato, il bando di concorso per l’ammissione alla graduatoria non limita l’obbligo della dichiarazione delle condanne penali solo con riferimento ad alcuni reati e non ad altri e, dall’altro, non pone un limite temporale alla loro commissione».

Anche con riferimento alla tematica dei precedenti penali non dichiarati, ma estinti a seguito del decorso del tempo successivo all’applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena o del decreto penale di condanna o del patteggiamento, la giurisprudenza è stata prevalentemente orientata nel senso di ritenere che, in assenza di un’espressa pronuncia del giudice dell’esecuzione penale, sola figura cui l’ordinamento attribuisce la potestà di verificare la sussistenza dei presupposti e delle condizioni per la declaratoria di estinzione, il richiedente fosse obbligato a dichiarare l’iscrizione (ex multis: Cons. St. n. 1172/2017, Cons. St. n. 4077/2017, TAR Lazio n. 5755/2018, TAR Bari n. 1189/2018). Unica voce contraria: Cons. St. 2704/2018.

Novità giurisprudenziali e normative

Se quanto detto sopra è il quadro interpretativo finora assestato, vanno segnalate due importanti novità.

La prima deriva dalla pronuncia n. 18699 dell’11.07.2019 della Corte di Cass., sez. lav., che distingue tra il caso in cui le dichiarazioni non veritiere (o la produzione di documenti falsi) attengano ad un requisito che avrebbe in ogni caso impedito l'instaurazione del rapporto di lavoro con la P.A., dovendosi in tal caso pronunciare la decadenza dalla graduatoria con conseguente nullità del contratto di lavoro, e quello in cui le produzioni o dichiarazioni false non riguardino tali circostanze. In questa seconda ipotesi trova applicazione l'art. 55-quater, lett d), del d.lgs. n. 165 del 2001, con la possibilità di disporre il licenziamento disciplinare “a condizione che, valutate tutte le circostanze del caso concreto, la misura risulti proporzionata rispetto alla gravità dei comportamenti tenuti”.

La novità più rilevante viene però da una riforma del testo unico in materia di casellario giudiziale, apportata dal D.Lgs. 122/2018 che –per la parte che ci interessa- è entrato in vigore dal 26 Ottobre 2019.

Tale decreto ha modificato l’art. 28 del DPR 313/2002 che, all’ottavo comma, ora così dispone: «L'interessato che, a norma degli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, rende dichiarazioni sostitutive relative all'esistenza nel casellario giudiziale di iscrizioni a suo carico, non è tenuto a indicare la presenza di quelle di cui al comma 7, nonchè di cui all'articolo 24, comma 1».

A sua volta l’art. 24 prevede che, nel certificato del casellario a richiesta del privato, non compaiono, tra l’altro, le iscrizioni relative alle seguenti condanne:

  1. quelle per le quali era stata ordinata la “non menzione”,
  2. le contravvenzioni punibili con la sola ammenda,
  3. le condanne per reati ai quali sia stata applicato il beneficio della “sospensione condizionale” una volta che siano estinti per il decorso di due o cinque anni (rispettivamente per contravvenzioni e delitti) senza che siano stati commessi altri reati,
  4. quelle cui sia stata applicata l'amnistia e quelle per le quali è stata dichiarata la riabilitazione,
  5. quelle derivanti dal “patteggiamento”, quando la pena irrogata non superi i due anni di pena detentiva soli o congiunti a pena pecuniaria, e quelle derivanti da decreti penali,
  6. quelle per fatti che la legge ha cessato di considerare come reati,
  7. i provvedimenti giudiziari che hanno dichiarato la non punibilità per la particolare “tenuità del fatto”,
  8. i provvedimenti giudiziari emessi dal giudice di pace o di sua competenza,
  9. provvedimenti che dispongono la sospensione del procedimento con messa alla prova; nonché le sentenze che dichiarano estinto il reato per esito positivo della messa alla prova.

Peraltro nello stesso certificato del casellario richiesto dalle pubbliche amministrazioni non compariranno più le iscrizioni relative: a) alle condanne per contravvenzioni punibili con la sola ammenda e alle condanne per reati ai quali sia stata applicato il beneficio della “sospensione condizionale” una volta che siano estinti per il decorso di due (contravvenzioni) o cinque (delitti) anni senza che siano stati commessi altri reati; b) ai provvedimenti che dispongono la sospensione del procedimento con messa alla prova (art. 464-quater C.p.p.), nonchè alle sentenze che dichiarano estinto il reato per esito positivo della messa alla prova (art. 464-septies C.p.p.); c) ai provvedimenti giudiziari che hanno dichiarato la non punibilità per la particolare “tenuità del fatto” (art. 131-bis C.P.).

Questa novità normativa appare destinata a mutare considerevolmente le conseguenze derivanti dall’omessa dichiarazione di alcuni precedenti penali.

Se, infatti, prima del 26 ottobre 2019 il richiedente l’inserimento in graduatoria di istituto era tenuto a dichiarare tutti i precedenti penali, anche quelli estinti per una delle cause previste dal codice penale o da quello di procedura penale[2]; ora quest’obbligo viene meno.

Poichè in sede di autocertificazione non si è più, per legge, tenuti a dichiarare le condanne indicate nell’art. 24 del modificato DPR 313/2002, non può che venire meno anche la tematica del mendacio dichiarativo che si poneva in tutte i casi in cui, a seguito del controllo delle dichiarazioni sostitutive si riscontrava la presenza, nel certificato del casellario a richiesta delle pubbliche amministrazioni, di alcune iscrizioni per condanne “patteggiate” o estinte per varie ragioni.

Al dirigente scolastico si potranno ora prospettare tre ipotesi, eventualmente emergenti dal certificato del casellario:

  • esistenza di condanne incompatibili con la costituzione del rapporto di lavoro (indicate nella nota 1), da cui deriva l’obbligo di denuncia e di depennamento dalla graduatoria con conseguente risoluzione del contratto eventualmente già stipulato;
  • esistenza di condanne di cui all’art. 24 comma 1 DPR 313/02, che non comportano alcun tipo di conseguenza perchè non sussiste più l’obbligo di dichiararle;
  • esistenza di condanne diverse da quelle sopramenzionate, che comportano la necessità di denuncia all’autorità giudiziaria ex art. 76 DPR 445/2000 e, nel caso di avvenuta instaurazione del rapporto di lavoro, l’obbligo di segnalazione all’UPD affinchè la stessa proceda in sede disciplinare ex art. 55 quater D.Lgs. 165/01, con possibile licenziamento.

[1]I decreti ministeriali relativi alla formazione delle graduatorie prevedono che non possano essere inseriti “coloro che si trovino in una delle condizioni ostative di cui alla legge n. 16 del 1992”.

In concreto si fa riferimento all’art. 1 di detta legge che, sebbene abrogata dal D.Lgs. 267/2000, resta comunque un riferimento valido perchè considerato dalla giurisprudenza come recettizio, fisso, cioè effettuato allo scopo di cristallizzare una specifica ipotesi fattuale.

In concreto si fa riferimento ai reati di peculato, malversazione, concussione, corruzione, associazione di stampo mafioso, spaccio sostanze stupefacenti e relativo favoreggiamento, reati non colposi che abbiano comportato pena non inferiore a 2 anni di reclusione.

A questi devono aggiungersi i reati previsti dall’art. 609 nonies del Codice Penale perchè così previsto dal secondo comma di tale norma, introdotto con L. 38/2006.

[2]Peraltro Cass. pen. n. 37556 dell’11.09.2019 aveva già escluso la ricorrenza del reato di false dichiarazioni per l’omessa dichiarazione di un’iscrizione nel casellario di una condanna a pena patteggiata non superiore a due anni di reclusione.

 di Gianluca Dradi su Amministrare la scuola n.10/2024

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