Premessa
Si tratta del caso inerente al docente abilitato all’esercizio della libera professione forense e che quindi possa ritrovarsi ad assumere il patrocinio difensivo in controversie nelle quali sia controparte l’amministrazione scolastica per un possibile conflitto di interessi. Come risaputo l’esercizio della professione di avvocato da parte del docente della scuola secondaria è subordinato all’autorizzazione del dirigente scolastico, pena la sospensione dal sevizio e dalla retribuzione per aver disatteso tale divieto, previsto dall’art. 508 comma 10 del d.lgs. n. 297 del 1994 e dall’art. 60 del d.p.r. 10 gennaio 1957, n. 3 applicabile a tutti i dipendenti pubblici per il disposto dell’art. 53 c. 1, del d.lgs. n. 165 del 2001.
L’interpretazione di tale divieto è controversa nel senso di circoscrivere l’accezione di amministrazione di appartenenza nei confronti della quale il docente non può assumere patrocinio in qualunque causa in cui sia legittimato passivo il Ministero oppure soltanto riferirsi alle controversie che riguardino l’istituto scolastico presso il quale presta servizio. In sintesi la norma vuole impedire che in causa possano ritrovarsi il docente difensore di un suo collega per una controversia di diritto del lavoro e quale controparte lo stesso dirigente scolastico autorizzato alla difesa ex-art. 417 bis c.p.c. o ancora che il docente-avvocato possa assumere il patrocinio di una vertenza sull’annullamento di un giudizio di non ammissione di un alunno, formulato dai propri colleghi.
Tutto ciò presuppone comunque che l’autorizzazione del dirigente scolastico al docente richieda che l’esercizio della professione al di fuori dell’orario di servizio non debba essere di pregiudizio all’assolvimento della funzione di docente.
Normativa di riferimento
L'art. 508 del D.Lgs. n. 297 subordina l'esercizio delle libere professioni da parte dei docenti delle scuole pubbliche:
a) all'autorizzazione del dirigente scolastico;
b) all'assenza di pregiudizio per l'attività d'insegnamento;
c) alla condizione della compatibilità tra libera professione e orario di servizio, comprensivo delle ore dedicate ad attività propedeutiche e collaterali all'insegnamento.
Con la successiva legge n. 662 del 1996 (art. 1, commi 56, 56 bis, 57, 58, 58 bis, 59 e 60), il legislatore ha introdotto una parziale liberalizzazione delle diverse attività libero professionali per i dipendenti pubblici, ponendo come condizione la trasformazione del rapporto d'impiego da full time a part time.
Tuttavia con la successiva la Legge n. 339 del 2003, art. 1 ha mantenuto soltanto il comma 58 bis della Legge n. 662 del 1996, disapplicando i restanti commi, così inducendo a ritenere che, nei residui casi in cui tuttora la legge consente l'esercizio della professione forense, ossia nel caso dei docenti delle università, degli istituti superiori e delle scuole secondarie, rimanga in capo alle amministrazioni di appartenenza un margine di discrezionalità nella valutazione della possibile interferenza tra l'attività professionale e lo status di pubblico dipendente.
Giurisprudenza di riferimento
Secondo una pronuncia della Corte di Cassazione “L'insegnante di una scuola superiore può svolgere l'attività di avvocato, previa autorizzazione del dirigente scolastico, il quale, però, può impedire al docente-legale di assumere le difese in controversie in cui è parte la stessa scuola di appartenenza. Difatti, se il preside ravvisa possibili profili di interferenza tra l'assunzione del patrocinio legale e i compiti istituzionali, può subordinare l'autorizzazione al divieto di operare in conflitto di interessi”. Così veniva rigettato il ricorso di un avvocato, professore di discipline economiche e giuridiche presso una scuola superiore, al quale il preside aveva rilasciato l'autorizzazione all'esercizio dell'attività libero-professionale a condizione di non patrocinare nelle controversie contro l'amministrazione scolastica. Per la Corte dalla lettura dell'articolo 1 del Codice deontologico forense e dalle norme in esso richiamate si desume che il legislatore “abbia inteso conservare in capo alle amministrazioni di appartenenza un margine di discrezionalità nella valutazione della possibile interferenza tra l'attività professionale e lo status di pubblico dipendente". Ciò significa che la facoltà di svolgere per i docenti delle scuole superiori la professione forense è si prevista, ma le singole amministrazioni scolastiche possono "valutare in concreto i singoli casi di conflitto di interesse o comunque di interferenza con i compiti istituzionali del docente" (Cassazione civile, sez. lav.17/10/2018, n. 26016).
Recentemente anche la Corte di Appello di Bologna ha ribadito la compatibilità tra l’esercizio della professione forense e l‘impiego pubblico del docente/avvocato, fermo comunque il fatto che, ai sensi dell’art. 508, comma 15, d. lgs. 16 aprile 1994, n. 297, la professione può essere esercitata da parte del docente solo «previa autorizzazione del direttore didattico o del preside” – autorizzazione che pacificamente il docente ha ottenuto nel corso degli anni – e a condizione che il suo esercizio non era di pregiudizio all’assolvimento di tutte le attività inerenti alla funzione docente e era compatibile con l’orario di insegnamento e di servizio» (Corte di Appello di Bologna, 25 marzo 2024 n. 191).
L’esercizio dell’attività discrezionale del dirigente scolastico
In conclusione, alla generale incompatibilità del rapporto di pubblico impiego con le libere professioni, si contrappone la norma speciale di cui al R.D.L. n. 1578 del 1933, richiamata dalla Legge n. 339 del 2003, art. 1, comma 1, che consente l'esercizio della professione forense a poche specifiche categorie, tra cui i professori degli istituti scolastici secondari statali. La legge affida, dunque, la garanzia del legittimo svolgimento dell'attività forense all'osservanza di poche regole, tra cui quella di richiedere l'autorizzazione al dirigente scolastico, di non arrecare pregiudizio all'insegnamento e di svolgere la libera attività nel rispetto dell'orario di servizio (D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 508, richiamato dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 53).
Non è dato ritenere, pertanto, che non sussista in capo all'amministrazione scolastica alcun margine per valutare la legittimità dell'assunzione del patrocinio legale da parte del docente-avvocato, così com'è confermato dall'evolversi della disciplina sulle incompatibilità di cui alla Legge n. 339 del 2003, la quale, nel ripristinare il generale divieto di svolgimento delle libere professioni in capo ai dipendenti pubblici, anche con rapporto d'impiego part time, ha mantenuto in vita la facoltà per i docenti delle scuole superiori di svolgere la professione forense, ferma restando la possibilità in capo alle amministrazioni scolastiche, di valutare in concreto singoli casi di conflitto d'interesse o comunque d'interferenza con i compiti istituzionali del docente.
Proprio a ragione dei compiti istituzionali è auspicabile che la compatibilità di fatto tra la libera professione e la funzione docente venga verificata e autorizzata annualmente. Circa la durata l’autorizzazione non può che durare per il periodo in cui gli impegni lavorativi istituzionali ed extraistituzionali restino immutati.
Inoltre, si ritiene che, l’autorizzazione rilasciata dal capo d’istituto ad un docente di esercitare la professione è valida finché il docente presti servizio nello stesso istituto; pertanto legittimamente, in caso di trasferimento, il Dirigente del nuovo istituto può negare al docente stesso l’autorizzazione all’esercizio professionale in relazione alle esigenze di servizio dell’istituto stesso.
L’eventuale diniego dell’autorizzazione all’esercizio della libera professione deve essere motivato con l’indicazione dei motivi di pubblico interesse e delle circostanze soggettive ed oggettive che impediscano, nell’interesse della scuola, l’esercizio professionale.
Avverso il diniego dell’autorizzazione è ammesso reclamo alla stessa amministrazione entro il termine di 15 giorni ovvero ricorso giurisdizionale al giudice del lavoro.
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