In tema di responsabilità ex art. 2087 c.c., il datore di lavoro, debitore dell'obbligo di sicurezza, deve provare l'assenza di colpa, dimostrando di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare l'evento lesivo
o provando che il fatto si è verificato per un comportamento anomalo o abnorme del lavoratore. Pertanto, in caso di infortunio sul lavoro, deve ritenersi accertata la responsabilità del datore di lavoro ogni qual volta il lavoratore non abbia utilizzato gli strumenti di protezione dei quali - seppure forniti dal datore di lavoro - non ne veniva imposto l'uso e il cui mancato utilizzo non può considerarsi atto abnorme del lavoratore, del tutto avulso dal normale processo produttivo.
Ai fini dell'azione di regresso dell'INAIL, non assume rilievo la circostanza che il datore di lavoro sia stato assolto in sede penale per il reato di lesioni colpose, potendo il giudice civile procedere ad autonomo accertamento. Infatti, in base all’art. 295 c.p.c., il giudizio instaurato dall’INAIL nei confronti del datore di lavoro, ex art. 11, dpr n. 1124/1965, per ottenere il rimborso di quanto corrisposto al lavoratore per effetto di un infortunio sul lavoro, non è soggetto a sospensione necessaria in attesa dell'esito del procedimento penale a carico del datore di lavoro per i medesimi fatti, giacché in applicazione dell'art. 654 c.p.p. la sentenza penale non può fare stato nei confronti dell'INAIL che non è parte del giudizio penale e che non era legittimato a costituirsi.
Corte di CASSAZIONE Sez. Lav. 25 ottobre 2018, n. 27102