1. Quando si ha la responsabilità per fatto illecito
La responsabilità per fatto illecito, cosiddetta responsabilità extracontrattuale o aquiliana, si ha quando un soggetto tiene un comportamento antigiuridico dal quale scaturiscono danni per i terzi. L'art. 2043 cod, civ, dispone al riguardo: qualunque fatto doloso o colposo che cagioni ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno. Nel campo civile quindi dall'atto illecito scaturisce per l'autore l'obbligo del risarcimento dei danni ingiusti causati per dolo o colpa.
2. Quali elementi sono necessari per la sussistenza della responsabilità per fatto illecito
Gli elementi della responsabilità per atto illecito si possono distinguere in oggettivi e soggettivi.
Sono elementi oggettivi:
- un comportamento antigiuridico, che può consistere nel fare oppure nel non fare, in atti positivi o in omissioni;
- un danno, cioè una lesione di un diritto altrui, che sia la conseguenza del comportamento antigiuridico (nesso di causalità).
Il danno deve essere ingiusto, poiché altrimenti il comportamento che lo ha cagionato non potrebbe qualificarsi antigiuridico.
Non è ingiusto (e quindi non dà luogo a responsabilità per atto illecito) il danno cagionato per legittima difesa, cioè per la necessità di difendere sè od altri contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa (art. 2044; art. 52 cod. pen.). Non è ingiusto il danno prodotto ad altri nell’esercizio di un diritto (art. 51 cod. pen.), a meno che l’atto di esercizio del diritto non abbia altro scopo che quello di nuocere o recare molestia ad altri (atto di emulazione: art. 833). Non è ingiusto il danno prodotto nell’adempimento di un dovere (art. 51 cod. pen.). Non è ingiusto
il danno cagionato ad altri col consenso della stessa persona offesa, a meno che venga leso un diritto indisponibile (ad es., il diritto all’integrità fisica della persona, salvo quanto disposto, in deroga all’art. 5 cod. civ., dalla legge 26 giugno 1967, 458, in tema di trapianto del rene tra persone viventi).
In alcuni casi la legge, pur non vietando un determinato comportamento dannoso per altri, pone a carico di colui che lo ha tenuto una responsabilità per i danni arrecati, il che dà luogo a una figura particolare di atto lecito dannoso. L’ipotesi più importante è quella dello stato di necessità prevista dall’art. 2045, per il quale « quando chi ha compiuto il fatto dannoso vi è stato costretto dalla necessità di salvare sè od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona » e il pericolo non è stato da lui volontariamente causato nè era altrimenti evitabile, al danneggiato è dovuta un’indennità, la cui misura è rimessa all’equo apprezzamento del giudice (si pensi al guidatore di un autoveicolo, che, per evitare lo scontro con un’altra macchina, investe un passante). Lo stato di necessità esclude invece l’antigiuridicità del comportamento sotto il profilo penale (art. 54 cod. pen.).
Gli elementi soggettivi della responsabilità per atto illecito sono:
a) la capacità naturale d’intendere e di volere del soggetto, cioè l’attitudine di questo — da accertarsi dal giudice caso per caso — a valutare le conseguenze dell'atto che compie (art. 2046): il bambino, il demente non rispondono del danno cagionato; in questa materia non si applicano le regole sulla capacità di agire: può quindi essere ritenuto capace d’intendere e di volere il minore e perfino l’interdetto in un periodo di lucido intervallo, e può essere ritenuto incapace il maggiore d’età non interdetto; la responsabilità per atto illecito non è esclusa, tuttavia, se lo stato d'incapacità del soggetto derivi da sua colpa (come nel caso in cui abbia agito in stato di ubriachezza);
b) la colpa o il dolo nella condotta del soggetto. Si ha colpa quando l’atto illecito viene compiuto per negligenza, imprudenza, imperizia. Si ha dolo quando l’atto viene compiuto con la piena coscienza c intenzione di arrecare il danno.
Non vi è illecito se il danno deriva da caso fortuito o forza maggiore.
3. Il risarcimento del danno
Il danno si può distinguere in danno emergente e lucro cessante.
Il danno emergente è la conseguenza diretta dell'illecito altrui, il lucro cessante consiste nel venir meno per il danneggiato della possibilità di poter realizzare determinati guadagni che avrebbero potuto realizzarsi, se non si fosse verificato l'illecito altrui. Anche il lucro cessante per essere risarcibile deve essere la conseguenza diretta ed immediata dell'illecito e può essere valutato equitativamente dal giudice
I danni risarcibili sono solo quelli patrimoniali. I danni non patrimoniali possono essere risarciti mediante un indennizzo riparatorio, solo quando l'illecito costituisce reato (art. 2059 cod. civ.).
Il risarcimento può essere corrisposto, in forma specifica, ripristinando, qualora sia in tutto o in parte possibile la situazione di fatto preesistente, oppure per equivalente, con il versamento di una somma di denaro corrispondente alla perdita subita e al mancato guadagno.
Il risarcimento è escluso per i danni che il danneggiato avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza ( art.1227 cod. civ). se il fatto dannoso è imputabile a più persone, tutte sono obbligate in solido al risarcimento del danno (art.2055 cod. civ.)